a cura di Adriana Aronadio
Ambizione e successo: parole ambigue, che suscitano reazioni opposte. Da una parte c’è il mondo del lavoro che le esalta e le richiede. Dall’altra c’è molta psicologia che ne ha fatto quasi dei demoni, “proiezioni esterne di carenze interiori”. Quando persone di successo, abituate ad avere ottimi riscontri e un’immagine di sé positiva ed esaltante, vedono per qualche motivo (circostanze, errori o semplice ciclicità del vivere) venir meno tutto questo, possono averne un contraccolpo forte, ma che per essere devastante deve collocarsi su una situazione psichica ben precisa: quel successo era completamente sganciato dall’anima, dalla vita interiore. Ora che non c’è più, la persona vede il vuoto e il non senso. Così semplici delusioni professionali possono trasformarsi depressioni anche molto gravi.
Bisogna sempre considerare che l’ambizione salutare è solo quella creativa. Può essere un efficace propulsore per la nostra vita, ma perché abbia effetti davvero buoni l’ambizione deve permettere agli aspetti creativi dell’anima di esprimersi, non i bisogni compensatori di una personalità insicura. Così, se anche dovesse finire, ci avrà dato così tanto di noi stessi che invece di cadere in crisi avremo voglia di ripartire per un’altra avventura, magari diversissima e tutta da scoprire.
Del resto, tutto in natura finisce o si trasforma. Pensare di poter mantenere un successo continuo e immutabile é contro le leggi di Natura, e impedisce il rinnovamento.
Ecco perche sarebbe utile non esibire il proprio successo, ma viverlo come un evento interiore, privato. Guardarlo con un po’ di bonaria ironia. Vivere bene il tempo che ci è dato: questo è un gran successo.
Quando la crisi acuta sarà passata, è bene riflettere sul fatto che a volte il successo rende schiavi, pretende tempo, dedizione e fatica. La sua assenza, benché non voluta, offre la possibilità di avere libertà nuove.
Fonte: http://www.riza.it