L’AMI (Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani) dedica il Congresso Nazionale a Lucia Annibali, l’avvocatessa sfigurata con l’acido dall’ex compagno e collega.
Pubblicato 12 giugno 2013 | Da Redazione Congresso nazionale AMI 2
Si terrà a Roma (Residenza di Ripetta) nei giorni 14 e 15 giugno 2013 il congresso nazionale degli avvocati matrimonialisti italiani, tra i cui relatori spiccano i nomi di Nino Marazzita, Melita Cavallo, Marina Baldi, Roberta Bruzzone, Vincenzo Mastronardi, Alessandro Meluzzi, Maria Rita Parsi, Cinzia Tani, Annamaria Bernardini De Pace, Massimo Dogliotti, Alberto Figone, Antonio Marziale, Cesare Rimini ed altri.
“La decisione di dedicare il Congresso alla Collega Lucia Annibali di Pesaro – spiega l’avv. Gassani – è stata immediata e naturale. La vicenda ha scosso profondamente l’opinione pubblica e il mondo forense in particolare, atteso che lo sfregio permanente cagionatole con l’acido solforico è stato inferto dal suo ex compagno, avvocato anch’egli. Ancora una volta, vi è stata la prova che la violenza tra coniugi e/o fidanzati è trasversale, senza distinzioni di sorta. Purtroppo le donne sono le principali vittime, pur emergendo una violenza anche nei confronti dei bambini e talvolta degli uomini”.
“Il Congresso Nazionale Forense dell’AMI sarà un evento multidisciplinare di particolare importanza, in occasione del quale l’AMI affronterà il tema doloroso della violenza in famiglia in tutte le sue forme (psicologica, economica, sessuale e fisica), con l’obiettivo di fornire un quadro chiaro anche sulle violenze considerate “minori” e sulla proposta di mezzi di prevenzione e di difesa”, dichiara l’avv. Gian Ettore Gassani, Presidente Nazionale dell’AMI.
“Le due giornate di lavori congressuali – illustra l’avv. Gassani – saranno suddivise in tre moduli, di cui il primo verterà sul Diritto Penale della Famiglia, dallo stalking agli abusi sessuali fino alla ricerca della prova. Successivamente, si parlerà degli aspetti psicologici, psichiatrici e criminologici della violenza intrafamiliare, e si cercherà di rispondere alla domanda del “perché” si arriva ad uccidere in famiglia con tanta frequenza. Infine, si discuterà dei riflessi delle violenze nelle procedure familiari, dall’addebitabilità della separazione alla risarcibilità del danno endofamiliare alle misure ablative della potestà genitoriale ”.
“Riunire in una stessa occasione tanti esperti del settore di così alto spessore è stato un lavoro di caparbietà e convinzione - afferma il matrimonialista – sulla spinta della necessità di scandagliare nei minimi dettagli un fenomeno odioso, quello della violenza domestica, che solo nel 7% dei casi viene denunciato. A ciò si aggiunga il dato sconfortante che il 40% delle vittime aveva già sporto denuncia contro l’aguzzino e aveva chiesto aiuto all’Autorità Giudiziaria. Per non parlare delle false denunce, che soprattutto nelle procedure di separazione e divorzio sono del tutto strumentali all’ottenimento di risultati processuali in sede civile e che rappresentano anch’esse una grave e sottile forma di violenza”.
E continua: “Solo l’Eures, in collaborazione con l’Ansa, ha ufficialmente approfondito la questione “femminicidio”, e dallo studio sul decennio 2000-2011 è venuto fuori il dato che sette femminicidi su dieci avvengono in famiglia. L’abbandono è la causa principale del gesto estremo, e nei primi tre mesi dalla rottura il rischio per le donne è più alto. Inoltre, se negli ultimi anni gli omicidi in Italia sono diminuiti del 57% circa, i delitti “passionali” sono cresciuti del 98%. E’ evidente che la soglia di emergenza sia stata superata: ce lo dicono i fatti. In Italia è donna 1/3 delle vittime di omicidio. E’ un dato di fatto che vi siano più morti ammazzati in famiglia rispetto a quelli prodotti dalla malavita organizzata”.
“In sostanza – spiega l’avv. Gassani – la quota di donne sul totale delle persone uccise cresce al diminuire del tasso di omicidi e questo perché, mentre il tasso di omicidi dovuto alla criminalità comune e a quella organizzata è molto variabile, gli omicidi in famiglia − la categoria in cui le donne sono colpite con maggiore frequenza − è invece più stabile nel tempo”.
E una considerazione sul dibattito attuale: “Sostenere, come fanno taluni negazionisti del femminicidio, che il femminicidio non esiste perché le statistiche sono ufficiose, i numeri costanti o perché il dato italiano risulta inferiore a quello internazionale è come affermare che la mafia non esiste. E poi, davvero vi è un limite di tolleranza? La posizione dell’AMI è netta. Il femminicidio esiste ed è un fenomeno di responsabilità collettiva, che viene da lontano e che va sradicato con la indefettibile applicazione delle leggi esistenti, l’approvazione di leggi nuove e la predisposizione di centri di sostegno psicologico, per prevenire, e di pronto intervento ed accoglienza, per ridurre al minimo i danni. Ma non c’è solo la violenza fisica che uccide il corpo. Vi sono violenze sottili, non refertabili in un Pronto Soccorso, che ci scivolano dalle mani. E’ la violenza psicologica che uccide l’anima della vittima. Il 30% delle separazioni è infatti caratterizzato da fatti di rilevanza penale”.
Infine: “Le leggi ci sono. E i campanelli di allarme pure. Le prime vanno applicate, i secondi non devono essere sottovalutati. In più, urge una riforma del diritto penale familiare, posto che le pene previste per molti reati sono del tutto simboliche e non efficaci. E non solo. Occorre stroncare subito il fenomeno delle prescrizioni dei reati e costituire nei Tribunali sezioni penali con magistrati specializzati in materia, che sappiano intervenire con la massima tempestività”.
Fonte: www.ami-avvocati.it