L'attenzione per le relazioni, la vulnerabilità, l'empatia sono i valori che le giovani donne esprimono. In contrasto con gli ideali correnti di virilità, competizione e ricerca del proprio interesse

di Giovanna Pezzuoli

La undicenne Amy alla domanda se Heinz, un uomo la cui moglie stava morendo di cancro, dovesse rubare un farmaco troppo costoso per salvarle la vita risponde «potrebbero esserci modi migliori per risolvere il problema, per esempio potrebbe chiedere il denaro in prestito a qualcuno, o pagare a rate. Non dovrebbe proprio rubare il farmaco, ma nemmeno lasciar morire sua moglie. E poi perché il farmacista non accetta meno soldi?». Alla stessa domanda l’undicenne Jake aveva risposto senza esitare di “sì” perché è logico,  la vita vale più del denaro…

Quando il direttore di un campeggio dice a Shaunya che suo cugino che ha nostalgia di casa non può chiamare i suoi genitori perché è contro le regole, lei risponde:

«Scusi, ma ha solo 7 anni. Le persone sono più importanti delle regole»

Le due adolescenti danno risposte “spiazzanti”, per quanto sensate, esprimono la loro fiducia in un mondo fatto di relazioni, dove se tutti si aiutassero non ci sarebbe bisogno di rubare,  dove le regole si possono sempre trasgredire: qualcosa che risulta vero nell’esperienza ma contrasta con la costruzione sociale della moralità.  Su questo “scarto” la studiosa newyorchese Carol Gilligan, classe 1936, docente di Psicologia evolutiva all’Università di Harvard, ha organizzato la sua ricerca sullo sviluppo delle ragazze e sulla resistenza che oppongono a un’iniziazione al modello corrente di femminilità. Che le vorrebbe sottomesse, pronte a dimenticare se stesse per non essere accusate di egoismo e insensibilità. Resistenza psicologica che diventa politica se le ragazze dicono la verità di fronte al potere, come il bambino che nella favola gridava «l’imperatore è nudo».

Riprendendo Con voce di donna. Etica e formazione della personalità (1987), che ha dato inizio a una sorta di rivoluzione, oggi la psicologa approfondisce questi temi nel nuovo affascinante saggio La virtù della resistenza. Resistere, prendersi cura, non cedere (ed. Moretti & Vitali). Attraverso l’ascolto e l’intervista scopriamo la voce più autentica delle giovani: l’attenzione per le relazioni, la vulnerabilità, l’empatia, la cura del vivente, sono i valori che le ragazze esprimono non senza fatica perché contrastano gli ideali di virilità, competizione e ricerca del proprio interesse che segnano i canoni riconosciuti.

Come ti descriveresti viene chiesto alla giovane studentessa? «Mi vedo nel ruolo di chi dà nutrimento, forse non proprio ora, ma quando sarà il momento, mi vedo come un medico, come una madre… è difficile pensare a me stessa senza pensare alle altre persone…».

Carol Gilligan non vuole essere fraintesa: la sua fiducia in un’«etica della cura» non equivale una sorta di «guerra ai ragazzi». Che sottostanno precocemente all’iniziazione sociale: tra i 5 e i 7 anni per i bambini diventa essenziale comportarsi da “veri maschi”, altrimenti rischiano di essere definiti pappamolli, femminucce, mammoni… Non è un caso se i bambini – nota la psicologa – mostrano più segni di depressione delle bambine, almeno fino all’adolescenza, «quando la suddivisione tra brave ragazze e cattive ragazze viene decretata attraverso prove, spesso brutali, di inclusione ed esclusione». Se per le adolescenti si tratta di resistere al silenzio imposto, per i ragazzi l’adolescenza è il momento in cui è possibile riconquistare il desiderio di relazioni intime. Nick, studente del ginnasio, parla della perdita dei suoi amici:

«A dire il vero le amicizie erano più importanti quando ero bambino… mi sento come un po’ triste per il fatto che se ne sono andati…»

Le ragazze prima di raggiungere l’età riproduttiva hanno un maggiore margine di manovra dei ragazzi, ma durante l’adolescenza le pressioni cui vengono sottoposte si riflettono nell’aumento improvviso di depressioni, disturbi alimentari, forme di autolesionismo. «Dicono di sentirsi costrette a fare una scelta, psicologicamente assurda, tra avere voce e avere relazioni», spiega Carol Gilligan. E racconta come le ragazze siano indotte a separare la mente dal corpo, i pensieri dalle emozioni. Assumendo talvolta i tratti maschili più apprezzati socialmente e arrivando a denigrare le altre ragazze. Il rischio di soffocare dentro di sé una voce autentica induce a commettere quello che Virginia Woolf chiamava «l’adulterio del cervello», intendendo il tradimento del proprio pensiero. E la psicologa segnala un tic linguistico diffuso tra le adolescenti, un incremento dell’espressione “non so”, dove quel “no” frapposto fra “io” e “so” sembra denotare un’ingiunzione. Di chi? Forse dei genitori o degli insegnanti o dei preti? O qualcosa che colgono nell’aria e le induce alla dissociazione: «ignora quello che il tuo corpo e le tue emozioni ti suggeriscono…»

C’è una figura che compare all’improvviso nella pre-adolescenza delle ragazze incarnando un modello ideale, al pari degli eroi o dei super eroi che popolano l’infanzia dei maschi: alla domanda se c’è qualcuno che ammira particolarmente Ellen, 11 anni, risponde:

«C’è una ragazza in classe che è perfetta… È veramente alta… ed è brava in tutto. Se le chiedi qualcosa lei lo fa alla perfezione… Non c’è una sola cosa che non sappia fare. È veramente simpatica ed è sempre se stessa»

Così le ragazze (nella vita e nei romanzi) si devono all’improvviso confrontare con l’incredibile (la ripetizione della parola veramente lascia pensare che Ellen si chieda se ciò che vede è reale) e si sentono chiamate in causa da un tale modello di perfezione che mette in dubbio la realtà che fino a quel momento hanno sperimentato. È il segno della perdita, perché tutti i discorsi, i conflitti tra il bene e il male d’un tratto si rivelano insidiosi, pericolosamente segnati dall’imperfezione, dal marchio dei rifiuto e inducono le ragazze a lasciare nell’ombra parti di sé.

Ma Carol Gilligan resta ottimista, convinta che le voci delle giovani donne abbiano fatto risuonare una corda, abbiano manifestato una resistenza capace di estendersi anche agli uomini perché un’autentica etica della cura non può esistere senza una trasformazione di tutta la società. Seguendo questa traccia, Gilligan rilegge i miti greci e contrappone il dramma di Edipo, che conduce alla nascita della tragedia, alla storia di Amore e Psiche, la coppia mitica che rappresenta l’unione dell’anima con l’amore. Perché è vero che Psiche viene punita per aver infranto l’intimazione ricevuta da Eros di non guardarlo e solleva la lanterna intenzionata ad ucciderlo, per poi fermarsi colpita dalla sua bellezza e vulnerabilità. Ma nonostante tormenti e prove di ogni tipo cui Psiche viene sottoposta, la storia ha un lieto fine. Uniti in giusto e duraturo matrimonio, Psiche ed Eros mettono al mondo una figlia chiamata Piacere. Spezzando così la coazione a ripetere storie d’amore tragiche, da Agamennone e Ifigenia a Romeo e Giulietta. Storie che identificano nell’amore il nemico del patriarcato dal momento che supera le barriere, dissolve le gerarchie.

Perché la voce è l’antitesi della violenza. Persino sotto i regimi totalitari che mirano a colonizzare la psiche, c’è sempre qualcuno in grado di smascherare le menzogne e dire la verità in faccia al potere. Voci di donne che rifiutano di considerarsi eccezionali. Come Antonina Zabinska, moglie del custode dello zoo di Varsavia, che nascose più di 300 ebrei, dissuadendo i nazisti che bussavano alla porta dal perquisire le gabbie. Lei che, come racconta Diane Ackerman in Gli ebrei dello zoo di Varsavia, pensava ai giorni della guerra come a un letargo dello spirito, conoscendo bene la tregua della “cura del sonno” di pipistrelli e orsi polari. O come l’educatrice canadese Mary Gordon che avviò in alcune classi di Toronto il progetto «Le radici dell’empatia» per combattere il bullismo. Una madre veniva introdotta con il suo bambino (tra i due e i quattro mesi) nelle classi, dalla prima elementare alla seconda media, mentre i ragazzi erano incaricati di prendersi cura del neonato per stabilire un contatto a livello emotivo: cantare una canzone, parlargli con dolcezza, costruire un piccolo oggetto portafortuna. I risultati sono stati sensazionali: quando il progetto venne esteso in 300 classi della provincia di Manitoba, la percentuale di ragazzi coinvolti in risse calò del 50%. E a distanza di tre anni, il dato è addirittura migliorato. La spiegazione? Dice Mary Gordon: «Quando emozione e cognizione avvengono nello stesso tempo, l’apprendimento è profondo e duraturo».

Fonte:  http://27esimaora.corriere.it/articolo/voci-di-ragazze-che-resistono-nel-segno-dellunione-fra-amore-e-psiche