Di Benedetta Pacell i- Italia Oggi - 03/12/2012

Il primo della classe indossa quasi sempre la gonna. È più brava a scuola, si laurea in corso e con voti più alti rispetto ai colleghi maschi. Ma quando entra nel mondo del lavoro rimane sempre su un gradino più in basso degli uomini, nella possibilità di carriera e di guadagno. E non si tratta di un semplice luogo comune. La realtà è infatti messa a fuoco dall'Inps, che ne ha comparato stipendi e pensioni con i dati del Global Gender Gap Report 2012, la classifica stilata ogni anno dal World Economic Forum (Wef) sul divario di opportunità tra uomini e donne.

 

Secondo questo rapporto l'Italia è scivolata al 101esimo posto su 135, a distanza sostanziosa da paesi come il Burundi, il Mozambico o la Thailandia, solo per fare qualche esempio. E peggio hanno fatto solo Cile, Messico, Bangladesh e pochi altri paesi. Un quadro confermato in buona parte dai dati incrociati dall'Istituto di previdenza che però, lasciano intravedere che qualcosa (forse) sta cominciando a muoversi.

 

Il contesto generale. La classifica stilata dal rapporto Global Gender Gap 2012 sulle diseguaglianze di genere colloca l'Italia all'80 esimo posto su 135 paesi con un arretramento di ben sei posizioni rispetto al 2011. Se negli ultimi sei anni l'85% dei paesi del mondo ha migliorato la condizione della donna, colmando in parte le differenze di genere, il 15% ha visto un peggioramento e l'Italia fa parte proprio di questo secondo blocco. Nel 2008 l'Italia era 67 esima al mondo, nel 2009 72esima e dal 2010 stabilmente in 74esima posizione.

 

A penalizzare l'Italia, anzi le donne italiane, l'accesso (molto meno agevole rispetto a quello riservato agli uomini) al mondo del lavoro e le minori opportunità concesse alle donne. Il rapporto prende in esame alcune aree chiave in tema di diseguaglianza tra uomini e donne. Tra queste, come l'accesso ai diversi livelli di istruzione, l'Italia è al 65esimo posto e in termini di rappresentanza politica al 71esimo. Ma è nella partecipazione all'economia e opportunità delle donne che registra il dato peggiore finendo oltre il 100esimo posto.

 

Pensioni e retribuzioni. Il rapporto punta il dito sul nostro paese in particolare riguardo alla differenza di salario percepito da uomini e donne in Italia. E qui a «conforto» arrivano anche i numeri dell'Inps sul lavoro delle donne in Italia che registrano per lavoratori dipendenti del settore privato una retribuzione annua media di 21.678 euro lordi per il sesso femminile rispetto ai 30.246 euro per gli uomini. Il lavoro delle donne, poi, appare concentrato nelle posizioni basse e intermedie, le donne sono il 57% degli impiegati e la rappresentanza femminile diminuisce nelle posizioni più elevate. E poi ancora, solo un terzo della popolazione femminile fa parte della forza lavoro, mentre degli uomini ne fa parte la metà.

 

Se si considerano poi le pensioni un altro dato che salta agli occhi è la ridotta anzianità contributiva delle donne, dove una su due ha meno di 20 anni di contribuzione, nel privato. Nel pubblico, invece, il 40% delle donne hanno più di 30 anni di anzianità contributiva. Le donne poi rappresentano il 47% dei pensionati, ma percepiscono il 34% dell'importo complessivo mentre l'80% delle pensioni integrate al minimo sono erogate alle donne. Una pensionata su tre prende meno di mille euro al mese. In generale, nel pubblico la pensione media per le donne è pari a 18.400 euro l'anno lordi, contro i 26.900 euro degli uomini.

 

Le posizioni di vertice. Anche se le lavoratrici dipendenti sono quasi il 40% del totale dei lavoratori, le donne con qualifica di dirigente nel settore privato superano a mala pena il 13%. Una percentuale che varia dal 6,9% del settore delle costruzioni (7% delle lavoratrici dipendenti) al 46,2% del comparto dell'istruzione, dove però le lavoratrici dipendenti sono il 79% di tutti i lavoratori. E che dire poi delle donne presenti nei consigli di amministrazione delle società quotate pari solo al 7% anche se il loro numero è aumentato di quasi 3 punti percentuali nel periodo 2004-2011 e anche se metà delle società quotate hanno almeno una donna nel Cda. Dunque l'Italia maglia nera in termini di pari opportunità per le donne? Sostanzialmente sì, anche se comincia a intravedersi qualche piccolo spiraglio.

 

Qualcosa sta cambiando. Si osserva un incremento tendenziale dello 0,4% nell'occupazione femminile e nel contempo diminuisce lievemente l'occupazione maschile, tuttavia va sottolineato che l'82% dei lavoratori a tempo parziale è rappresentato da donne. E poi ancora i dati Inps rilevano nel triennio 2009-11 una crescita delle donne quadro (+83%) e delle donne dirigenti (+4,4%) con un più accentuato incremento di queste ultime in particolare nei settori credito, assicurazioni e servizi. Quanto alle reali opportunità di carriera dall'analisi delle qualifiche di entrata e di uscita risulta una possibilità di carriera in larga parte analoga per uomini e donne nel passaggio dal ruolo esecutivo a quello di quadro. Tuttavia nelle posizioni di dirigenti e professionisti per i quali non sono previsti avanzamenti di qualifica, sono assunti più uomini che donne.