27 novembre 2012  -  Andrea Barbieri Carones

Uno studio effettuato in Spagna mostra che le donne hanno una probabilità più alta di subire un licenziamento di quanto possa succedere agli uomini. A parità di età, di livello di istruzione, di tipo di contratto e di settore di attività le rappresentanti del gentil sesso hanno il 17% in più di possibilità di restare disoccupate.

A dirlo è un’analisi della Fondazione di studi di economia applicata (Fedea) nel suo periodico osservatorio sul lavoro. Come valutare questo dato? Secondo gli esperti un motivo di questa disparità di licenziamenti tra i sessi va valutato in base al fatto che l’aumento della disoccupazione nel settore pubblico – dove le donne sono la maggioranza – ha portato a questa differenza.

Lo studio ha rilevato anche che la probabilità che le donne disoccupate trovino un altro impiego è del 23% più basso rispetto a uomini con le stesse caratteristiche citate prima. Inoltre, più lungo è il tempo in cui si resta senza lavoro e più è difficile trovarne uno nuovo, senza contare che il sussidio di disoccupazione è – sempre secondo questo istituto iberico – un freno all’uscita da questo poco invidiabile status di disoccupato.

Prova ne è che a parità di individui con uguali caratteristiche di età, titolo di studio ed esperienza lavorativa quelli – uomini o donne che siano – che non ricevono l’aiuto di Stato hanno una probabilità doppia di trovare un impiego. Per questo motivo, Fedea propone che l’entità della prestazione economica per chi ha perso il lavoro diminuisca con il passare del tempo.

Un’altra delle conclusioni cui è giunta la fondazione è quella secondo cui il fatto che gli stranieri e i giovani perdano il posto con maggior facilità rispetto ai cittadini spagnoli e ai più anziani, non è legato alla nazionalità o alla data di nascita ma al fatto che abbiano contratti più precari rispetto alla media, che rendono più facile il licenziamento.

Tornando alle differenze tra i sessi, l’Istat ha mostrato che a settembre l’occupazione maschile in Italia è scesa dell’1,5% rispetto a un anno prima mentre quella femminile è aumentata, con un dato positivo del 2,2%. Il tasso di disoccupazione resta comunque più elevato per le lavoratrici in rosa (11,8%) rispetto agli uomini (10,1%).

Fonte: Larioja