di Vittorio Nuti 13 gennaio 2013

Le donne ai vertici decisionali della Pubblica amministrazione sono ancora poche, nonostante da anni le procedure di accesso (vedi concorsi pubblici e selezioni interne basate su criteri meritocratici e prove anonime) registrino percentuali di vincitori di sesso femminile spesso superiori al 50 per cento. Un trend confermato anche dagli ultimi concorsi della giustizia amministrativa: sono donna 19 su 32 neo-referendari del Tar; tra i 21 nuovi magistrati contabili, 10 sono donne. Il collo di bottiglia, quando si analizzi la percentuale "rosa" delle posizioni "apicali", "direttive" e "semidirettive" nel pubblico impiego, cui si accede solitamente per cooptazione, nasconde quindi una certa dose di discriminazione, che il II Rapporto sulle donne ai vertici del settore pubblico elaborato dalla Rete Armida (network delle alte professionalità femminili della Pa) definisce «implicita» a sfavore delle donne al momento dell'attribuzione delle posizioni di vertice. Ancora poche le eccezioni.

A Palazzo Chigi 138 dirigenti generali donna su 360 
Il Rapporto - al centro oggi al Senato di un convegno sul contributo femminile all'innovazione nel settore pubblico e privato - non si sofferma tanto sulla presenza femminile nella Pa nel suo complesso quanto sull'accesso ai «ruoli di effettivo snodo di potere, ai quali si accede per specifica attribuzione di una posizione e non già per una mera progressione automatica di carriera», registrando non molti progressi rispetto all'indagine precedente, del 2012. In base ai dati raccolti da siti istituzionali e uffici per le pari opportunità, la Presidenza del consiglio puo' contare su 138 donne dirigenti generali su 360 (il 38%), mentre delle 44 posizioni dirigenziali apicali il 30% (13 incarichi) sono ricoperte da donne: in entrambi i casi, un (leggero) incremento sul 2012, quando le donne dirigenti generali erano il 36% e le donne dirigenti apicali il 23 per cento.

Ruoli apicali, la scelta "rosa" di Viminale ed Economia 
La percentuale di donne nei ruoli apicali rimane bassa in molti ministeri ed è donna soltanto un segretario generale (massima posizione amministrativa apicale), presso il ministero dei Beni culturali. Al contrario, ci si avvicina significativamente alla soglia del 40% di donne in ruoli apicali alla Presidenza del Consiglio dei ministri e si raggiunge la soglia di parità del 50% al ministero dell'Economia. Buona la presenza femminile nei ruoli apicali anche nelle fila del personale civile della Difesa e della Giustizia (dove gli apicali donna raggiungono il 33%). Standard nord europeo per la dirigenza generale (donne sopra il 50%) e le posizioni apicali (donne intorno al 63%, escluso però il Dipartimento di Ps) del ministero dell'Interno. In leggero miglioramento sono anche le percentuali di donne presenti ai vertici dello Sviluppo Economico (una vice è divenuta Capo Dipartimento) e alla Salute, (nella dirigenza generale la presenza femminile è pari al 58 per cento).

Coptazione al femminile, qualche progresso (ma per ruoli di vice) 
Qualcosa si muove, dunque, molto lentamente, ma i passi in avanti appaiono comunque relativi, nel senso che se cresce la presenza femminile nei ruoli di vertice, questi sono spesso quelli di vice: in alto, ma non proprio in cima. Dai dati sulla cooptazione elaborati della Rete Armida (ispirata al personaggio della maga della "Gerusalemme Liberata" del Tasso) e relativi alle nomine governative, per esempio, su 79 posizioni di vertice di diretta collaborazione dei ministri (capi e vicecapi, di Gabinetto e di Ufficio legislativo, Capi della segreteria tecnica) «le donne sono in tutto 14 (il 18%) del totale, prevalentemente concentrate nel ruolo di Vice. I Capi di Gabinetto donne sono solo 2 e 7 su 15 sono Vice Capo di Gabinetto, pari al 47%». Quanto ai vertici degli enti pubblici nazionali, «il Consiglio dei ministri ha nominato una sola donna, su 10 nomine totali, pari al 10%. Il dato è in linea con il trend rilevato nel precedente rapporto e riferite al Governo Monti (nomine con iter concluso nella XVI legislatura: su 55 nomine ai vertici degli Enti, le donne sono state 5)»