Dopo tante riforme e sacrifici, non si può non essere trasparenti al 100% sul sistema previdenziale

 

Fra le tante notizie-minacce che ricorrono e vengono agitate, ora come bastone, ora come carota, sulle nostre teste  adesso c’è anche quella dell’incertezza dei bilanci previdenziali. Ieri un comunicato e una dichiarazione dell’Inps, uno di mattina, l’altra di sera, ci hanno prima informato che c’era una situazione di "non totale tranquillità dei conti", e poco più tardi assicurato che c’è "piena sostenibilità" dei bilanci. Già su questo avvicendarsi di voci contraddittorie ci sarebbe da ridire: dal tempo dei tecnici in poi nulla sembra più certo nei bilanci dello Stato, ottimismo e pessimismo, se non addirittura catastrofismo si alternano in una girandola di colpo di scena sulle voci di bilancio più disparate. E sembra che una studiata strategia di demolizione delle certezze serva a preparare sempre nuovi tagli e nuovi colpi di scena. 

 

Ma a parte questo, è proprio sulla questione previdenziale che non dovrebbe essere accettato nessun giochetto. Quando la ministra Fornero varó la sua riforma, infatti, fu pagato un prezzo sociale molto alto, con la creazione di due o trecentomila (a seconda di come li si calcola) esodati, ovvero con un enorme numero di persone che sono rimaste prive di copertura.

Difesi - a parole - da quasi tutti i partiti, gli esodati sono rimasti sostanzialmente abbandonati a se stessi, e il governo Letta ha deciso di sanare solo una piccolissima parte delle emergenze, sette o ottomila persone da tutelare, per gli altri si vedrà di manovra in manovra. Alla piaga degli esodati si è aggiunta poi quella parallela, ma a se stante degli "scongiunti", che ora sono un grave problema di molti, ma che domani potrebbero diventare il grande dilemma di tutti noi, il destino di una generazione - la prima senza tutele previdenziali garantite - che dovrà ricostruire carriere contributive a dir poco rapsodiche e acrobatiche.

 

Luca Telese