L’annuncio da parte del Ministro Bray delle misure allora in corso di adozione col Decreto Legge “Valore Cultura” ha destato il vivo apprezzamento della nostra O. S. per l’avvio di nuove importanti iniziative e per i significativi cambiamenti, specialmente per quanto riguarda le misure per l’attuazione del Progetto Pompei, che costituiscono un nuovo forte impulso all’organizzazione dei Beni Culturali, e il riordinamento degli Enti dello spettacolo.

Dopo che il Decreto n. 91/2013 è stato pubblicato, a una lettura approfondita del testo, abbiamo rilevato la necessità e opportunità di alcune significative modifiche e integrazioni in relazione ad alcuni aspetti critici che abbiamo segnalato al Ministero e alla competente Commissione VII del Senato che in questi giorni lo dovrà esaminare. Ci riferiamo anzitutto in particolare all’art. 2, che prevede l’assunzione di 500 ‘giovani’ per l’implementazione dell’inventariazione dei beni e per la loro digitalizzazione e all’art. 13 che riguarda direttamente gli organi consultivi del Ministero, che da tempo si attende di reintegrare con la ricostituzione di Comitati tecnico-scientifici.

Riguardo all’art. 2 abbiamo osservato preliminarmente che sarebbe ben più prioritario per le gravi urgenze di funzionamento degli istituti di tutela e fruizione, messe a rischio dalla mancanza di ricambio del personale, l’impiego delle nuove risorse per l’assunzione di funzionari tecnici e di personale di ruolo di supporto alla tutela piuttosto che per la mera temporanea implementazione degli inventari informatici esistenti. A proposito poi delle risorse c’è da rilevare che esse sono comunque del tutto inadeguate al numero degli operatori da assumere per un lavoro in effetti qualificato, per ciascuno dei quali ci sarebbero solo 5.000 euro per un anno. Non vorremmo che si ripetesse in proposito una vicenda tipo quella dei ‘giacimenti culturali’ del 1986-87, alla base della quale stava una motivazione clientelare di tutta l’operazione e una implicita concezione superficialmente spregiativa dei requisiti culturali e delle competenze professionali richieste per il trattamento dei beni culturali.

Abbiamo comunque proposto al Ministero e alle competenti Commissioni parlamentari un emendamento all’art. 2 che riveda le modalità di reclutamento degli operatori, introducendo la valutazione di eventuali titoli di specializzazione ed esperienza professionale, precisando la distinzione fra un periodo di formazione (che non può certo essere degli interi 12 mesi del progetto come dice ora il testo) e un periodo di applicazione e sopprimendo, o quanto meno modificando sostanzialmente il troppo basso limite di età di 34 anni, ricordando che la legge 127/97 (Bassanini 2) e la direttiva europea 2000/78/CE hanno abolito il limite massimo di età per i concorsi pubblici in applicazione del divieto generale di ogni discriminazione in base all’età, sancito dal Trattato istitutivo della Comunità Europea (art. 13). Pensiamo ai numerosi laureati e specializzati che hanno operato nei tempi recenti a titolo più o meno precario nel settore dei beni culturali e che ora si trovano disoccupati per mancanza di rinnovo delle risorse, gran parte dei quali ha ormai superato i 34 anni. Ciò considerando anche che il c.d. “riassorbimento” dei precari con riserve nei concorsi (peraltro già contestate da un politico con redditi da 1 milione di euro l’anno), previsto nel successivo Decreto Legge n. 101/2013 sulla P.A, sarà esiguo e lungo.

Per quanto riguarda l’art. 13 del decreto, sugli organi collegiali consultivi – Consiglio Superiore e Comitati tecnico-scientifici - ricordiamo che per un’incongrua e contraddittoria combinazione di norme nel 2012, mentre il Consiglio è stato prorogato come organo consultivo, i Comitati, i cui presidenti per legge (D.P.R. 233/07, art. 13) ne sono membri di diritto, non sono stati invece prorogati, per cui sono scaduti e sono stati automaticamente soppressi. Il Ministero si trova quindi privo di questi organi istituzionali essenziali e il Consiglio superiore, privo com’è dei detti presidenti, si trova in composizione parziale e quindi illegale.

Per quanto riguarda l’art. 13 del decreto , sugli organi collegiali consultivi – Consiglio Superiore e Comitati tecnico-scientifici –, ricordiamo che per un’incongrua e contraddittoria combinazione di norme nel 2012, mentre il Consiglio è stato prorogato come organo consultivo, i Comitati, i cui presidenti per legge (D.P.R. 233/07, art. 13) ne sono membri di diritto, non sono stati invece prorogati, per cui sono scaduti e sono stati automaticamente soppressi. Il Ministero si trova quindi privo di questi organi istituzionali essenziali e il Consiglio Superiore, privo com’è dei detti presidenti, si trova in composizione parziale e quindi illegale. L’art. 13 prevede che il Ministro continui ad ‘avvalersi’ dell’attuale Consiglio Superiore e possa creare dei nuovi Comitati e “altri organi consultivi” per rimpiazzare i precedenti, senza prevedere espressamente anche che i loro presidenti possano integrare il già esistente Consiglio superiore, disciplinato dal precedente D.P.R. 233/07 che non li prevede. Abbiamo quindi richiesto di precisare la disposizione in questo senso, ritenendo che la partecipazione dei presidenti dei Comitati al Consiglio Superiore sia indispensabile non solo per il contributo essenziale di competenze specifiche, ma soprattutto per la connessione che assicurano con i settori di tutela dell’amministrazione e con il mondo scientifico e culturale di rispettivo riferimento.

Il decreto è ora in discussione alla VII Commissione del Senato in sede referente e abbiamo appreso, per quanto riguarda il ‘Progetto 500 giovani’ che, a causa del suo finanziamento su fondi europei destinati a giovani under 35 e dallo scopo vincolato, esso sarebbe destinato ad essere attuato nelle sole regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Quanto all’esiguità del finanziamento, non risulta si sia ancora provveduto in alcun modo in merito negli emendamenti presentati. e non sarebbe possibile. Da questi limiti la parzialità e insufficienza del provvedimento da noi denunciate emergono in modo palese e purtroppo difficilmente correggibile. Di quanto da noi richiesto, si è infatti solo inserito in un emendamento un titolo di specializzazione, il diploma delle scuole di archivistica del MiBACT fra i requisiti richiedibili agli operatori, oltre la laurea.

Per quanto riguarda gli organi collegiali consultivi invece la nostra segnalazione ha avuto pieno riscontro in un emendamento all’art. 13 presentato dal relatore Marcucci che ne prevede espressamente l’esenzione dalle norme di soppressione condizionata e la ricostituzione integrale.

Fra gli emendamenti presentati dal relatore su richiesta del MiBACT segnaliamo quello molto rilevante (n. 3.3) che prevede che i comandati da altre amministrazioni presso il MiBACT della II e III Area (quelle non in esubero) potranno essere trasferiti nei suoi ruoli in deroga al blocco temporaneo generale connesso alla procedura in corso di riduzione degli organici dei ministeri, a partire da quando (entro 60 giorni) sarà emanata la tabella di corrispondenza di livelli e posizioni. Si tratta di un provvedimento da tempo anche da noi sollecitato, che risolverebbe le situazioni lavorative di centinaia di lavoratori (messe a rischio dalle recenti numerose richieste di revoca da parte degli enti di provenienza) che ormai anche da anni operano nei nostri istituti e darebbe a questi maggiori garanzia di continuità dei servizi. Si tratta però di un provvedimento ancora incerto, per le possibili difficoltà da parte del MEF. Per questo, come per le altre proposte in parte ancora non accolte, ci dovremo impegnare a seguire l’iter del decreto anche alla Camera, auspicando che vi siano gli spazi a tal fine.
LA SEGRETERIA NAZIONALE UILPA BAC