21/06/2013
Al termine del "ritiro collettivo" di Subiaco dello scorso anno, i vertici del DAP ebbero a redigere un documento programmatico in cui fece capolino un termine che, probabilmente, potrebbe rappresentare la pietra miliare del modus operandi della gestione Tamburino: rivoluzione normale.
Noi ponemmo, a differenza di molti altri, grande attenzione a quella locuzione e, credo, ne comprendemmo appieno la portata. Capimmo che non si trattava di un semplice esercizio verbale, piuttosto un segnale prodromico alla realizzazione di un progetto nato da un'idea di una nuova gestione del sistema penitenziario.
Ad onor del vero, e voglio dirlo in premessa, della rivoluzione (meglio dei suoi effetti) non c'è ancora traccia concreta. Siamo ancora nella fase declaratoria. Però è difficile negare che l'intuizione della sorveglianza dinamica e della realizzazione dei circuiti penitenziari regionali rappresenti, oggettivamente, quella svolta da più parti indicata ed auspicata. E c'è un indicatore molto attendibile che ne contorna la valenza rivoluzionaria : l'idiosincrasia al progetto manifestata più o meno velatamente da taluni Provveditori e da molti Direttori. In un mondo sclerotizzato e paralizzato da guerre intestine di potere e da disinteresse verso l'efficienza una svolta del genere non poteva non determinare l'innalzamento di barricate basate su strumentalizzazioni artatamente alimentate
. Questa è la grande sfida che Tamburino & C. dovranno vincere per sperare di portare a casa quella rivoluzione normale, che intriga molto un sindacato riformista come la UIL.
E' appena il caso di dire che quella rivoluzione non può consistere nella sola variante delle modalità di sorveglianza o di organizzazioni del lavoro più rispondenti a criteri di efficienza . Intanto quella rivoluzione avrà una qualche probabilità di successo se anche chi guida il Dicastero di Via Arenula si convincerà della necessità di farla. E su questo il Ministro Cancellieri mi pare si sia espressa in modo palese.
Quella rivoluzione avrà successo non solo se si riorganizzano i circuiti penitenziari< quella rivoluzione passa attraverso una nuova concezione del sistema sanzionatorio e, quindi, una nuova concezione della pena e delle sue forme di erogazione. Quella rivoluzione avrà successo se la trasformazione da direttore-padrone a dirigente-manager troverà esaustivo compimento (semmai attraverso la sottoscrizione del primo contratto per la dirigenza); se il personale sarà opportunamente formato e sarà opportunamente coinvolto nel progetto; se al personale (polizia penitenziaria in primis) si risparmieranno quelle gratuite angherie che sono cronaca quotidiana nelle frontiere penitenziarie; se le sperequazioni ordinamentali ed economiche dei sovrintendenti, degli ispettori e dei funzionari della polizia penitenziaria troveranno soluzione; se l'Amministrazione, nelle sue varie articolazioni, sarà capace di recuperare corrette relazioni sindacali e definire momenti di confronto.
Ma c'è una cosa sopra tutte che potrà delineare la vera portata della rivoluzione : la svolta della trasparenza e della comunicazione. E non sono solo i rimbombi mediatici del caso Cucchi a convincerci di ciò. Per chi non lo ricordasse la UIL Pnitenziari è il sindacato che da oltre venti anni ha coniato lo slogan " Per abbattere le mura dei misteri occorre abbattere i misteri di quelle mura". Ed ognuno che ha frequentato, o frequenta, le carceri sa bene che non abbiamo nulla da cui nasconderci e nulla da nascondere. In molti, nel corso degli anni, abbiamo potuto rilevare gli effetti nefasti di una Amministrazione oscurantista poco propensa alla comunicazione extramoenia , tanto da alimentare dubbi e sospetti. Per questo è bastato che al DAP siano arrivati un uomo di carcere, una donna mediaticamente forte ed un magistrato di esperienza perché il concetto di informazione trasparente diventasse una linea guida dell'Amministrazione.
Nulla da cui nasconderci e nulla da nascondere.... Aprire le carceri all'informazione, doveroso ricordarlo, è stata una volontà dell'ex Capo Ionta, fortemente rilanciata dall'attuale Capo Tamburino. E così , sempre più spesso, è possibile vedere, ascoltare o leggere di carcere. In questo modo si alimenta lacoscienza sociale sulla questione penitenziaria. Quella coscienza collettiva necessaria a superare pregiudizi ideologici e il pendolo emotivo che per troppo tempo ha regolato l'attività legislativa in materia di carcere. Ed è stata proprio la preminente attenzione, da parte della politica, alla pancia degli elettori piuttosto che alla situazione reale dei nostri penitenziari che ha determinato quella serie di condanne comminate dalla CEDU ( Corte Europea per i Diritti dell'Uomo) al nostro Paese "per le condizioni inumane e degradanti" delle nostre carceri. Ora l'Italia ha poco più di dieci mesi per regolarizzarsi, pena ulteriori (e più pesanti) sanzioni. In merito non posso che ripetere ciò che ho già detto : l'unica strada percorribile al momento è solo un provvedimento di amnistia. Con buona pace della Meloni e di chi, come lei, pensa che detenere persone possa significare anche tenerle in condizioni di animali all' ingrasso nel macello della dignità e dei diritti.
Per questo abbiamo registrato con vivo compiacimento la svolta di trasparenza e di informazione, cui anche la UIL ha deciso di dare il proprio contributo. E' cosa nota la nostra battaglia perché le delegazioni sindacali in visita ai luoghi di lavoro della polizia penitenziaria potessero documentare con riprese video-fotografiche le condizioni di lavoro.
Ed è altrettanto nota la resistenza posta in essere da quella parte di Amministrazione che vive con terrore la possibilità che si documentino inenarrabili nefandezze e condizioni di indegnità lavorativa. Ma in nostro soccorso è giunto il parere formulato dal Garante della Privacy, che si è espresso favorevolmente alla possibilità di effettuare riprese e foto sempreché sia tutelata la privacy delle persone. Siamo davvero grati alla Presidente Matone che ha determinato, suo malgrado, questo risultato rivoluzionario. D'altro canto da una donna di comunicazione era il minimo che ci potessimo attendere. In fondo lo avevamo detto (leggi) : chi mai sarà il garante della privacy delle mura ammuffite, delle sedie rotte, dei tavoli cadenti, delle garitte in plexiglass che rappresentano la gran parte delle postazioni in cui sono chiamati a lavorare i nostri colleghi?
E perché ai mass media (giustamente) si da modo di documentare il carcere a 360° e ai rappresentanti dei lavoratori si vorrebbe negare la possibilità di documentare lo stato dei luoghi di lavoro? Ora che la vexata quaestio ha trovato soluzione siamo pronti ad aprire una nuova sezione sul nostro sito www.polenuil.it : Lo scatto dentro (perché la verità venga fuori). Pubblicheremo in quella sezione tutti i nostri servizi video-fotografici prodotto in occasione delle nostre visite (per ora disponibili servizi su Trento ed Avellino). Ne prevediamo una trentina per la fine dell'anno (a luglio programmate Firenze e Venezia). Uno spazio di informazione documentale che si affiancherà alla sezione dedicata alle relazioni delle Visite Istituti e al Diario di Bordo(registro dei più significativi eventi critici che si registrano quotidianamente nelle carceri).
Documentare per informare.
Informare per alimentare la coscienza sociale.
Che la rivoluzione abbia inizio .....