24/05/2013 | Pubblico_Impiego.
Il debito pubblico ha superato i 2000 miliardi di euro, costa più di 70 miliardi di euro annui per interessi e serve per pagare la spesa pubblica, da cui vengono anche gli stipendi di tutti gli impiegati pubblici.
Da ciò nascono le puntuali operazioni di riduzione della spesa pubblica che si sono finora dimostrate poco efficaci nella riduzione degli sprechi e per il miglioramento dei servizi, ma ultrattivi nella contrazione degli organici e delle retribuzioni dei pubblici dipendenti.
Già nel febbraio scorso il Ministero dell’Economia ha invitato le istituzioni pubbliche affinche predispongano il bilancio di previsione per l’esercizio 2013 con rigore finanziario e secondo criteri volti principalmente al contenimento delle spese, valutando attentamente la possibilità di procedere ad un’oculata riduzione degli stanziamenti complessivi per spese diverse da quelle obbligatorie ed inderogabili.
Ha disposto che tutte le amministrazioni centrali, per il triennio 2012-2014, potranno operare un ricambio del turn-over nella misura del 20 per cento e del 50 per cento nell’anno 2015 ed il pieno reintegro del personale cessato a partire dal 2016. Ha richiamato la stretta osservanza delle norme riguardanti ferie norme e permessi che “….sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. … Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile”.
Circa poi gli incrementi retributivi e contenimento spese di personale il Ministero fa presente che restano confermate per l’anno 2013 le disposizioni in materia di contenimento dei trattamenti economici dei dipendenti pubblici previste dall’articolo 9 del decreto legge n. 78/2010, in particolare:
- divieto di attribuire (comma 1) incrementi retributivi, nei termini indicati nella citata circolare n. 12 del 2011. Conseguentemente, resta confermato anche il divieto di prevedere stanziamenti sul capitolo denominato “Fondo speciale per i rinnovi contrattuali in corso” di cui all’articolo 18 del D.P.R. 27 febbraio 2003, n. 97 ed analoghe disposizioni regolamentari;
- blocco degli automatismi retributivi e di progressione automatica degli stipendi (comma 21) … e le progressioni di carriera comunque denominate e i passaggi tra le aree hanno effetto ai fini esclusivamente giuridici;
- risorse per il finanziamento del trattamento accessorio (comma 2 bis)
La Corte Costituzionale, aveva sancito l’inapplicabilità del comma 2 dell’articolo 9, che disponeva le riduzioni di stipendi dai 90 mila euro in su, pertanto sono stati imposti i limiti retributivi definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 marzo 2012 e sembra evidente che l’attuale decreto confermi questa linea. Infine ulteriori risparmi sono stati drenati dalle risorse della contrattazione integrativa.
Esaminando l’evoluzione della spesa collettiva in questi ultimi anni possiamo osservare che è stato drasticamente ridotto il peso delle componenti tradizionali dell’intervento pubblico, la fornitura dei servizi, le spese per trasferimenti a sostegno delle famiglie e gli investimenti pubblici.
La spesa per redditi da lavoro dei dipendenti pubblici rappresenta circa il 25 per cento delle spese correnti (al netto degli interessi) di tutte le amministrazioni pubbliche. Sono stati numerosi gli interventi tesi a contenerne la dimensione con misure di blocco, seppur parziale, del turn over di personale; disposizioni per frenare la dinamica retributiva, come il blocco della contrattazione e dei trattamenti economici individuali e per limitare la consistenza dei fondi per la contrattazione integrativa.
Gli effetti negativi che produce il mancato turn over sono noti.