di Daniele Cirioli
La p.a. spierà nel cassetto previdenziale dei propri dipendenti per capire se può collocarli a riposo. A quelli vicini all'età di riposo (65 anni), infatti, verificherà se sommando tutti gli anni di contributi in possesso del lavoratore, questi raggiunga i 20 anni necessari alla pensione di vecchiaia e, in tal caso, licenziarlo. Lo precisa la nota prot. 15888/2013 della Funzione pubblica.
Due questioni. La nota risponde a un quesito sulla possibilità per una pa di proseguire il rapporto di lavoro con un dipendente per fargli raggiungere il minimo contributivo (20 anni) per la pensione. La questione, secondo la funzione pubblica, va valutata alla luce della situazione contributiva complessiva del dipendente.
Due le principali situazioni: a) il dipendente non raggiunge i 20 anni per la pensione di vecchiaia considerando solo il rapporto di lavoro con la pa presso cui presta servizio, ma riesce a raggiungerli perché ha altre anzianità contributive prevedenti (lavoro svolto presso altre pa, oppure come dipendente o autonomo nel settore privato); b) il dipendente ha complessivamente un'anzianità contributiva che risulta insufficiente ad arrivare al minimo di 20 anni per avere la pensione di vecchiaia.
I chiarimenti. Nel primo caso la p.a. deve verificare se con tutte le anzianità contributive il lavoratore raggiunga o meno il minimo di 20 anni. A tal fine, precisa la Funzione pubblica, la p.a. deve consultare anche gli enti previdenziali. Se la somma di tutte le anzianità contributive, presso qualunque gestione (privati, pubblici, privati ecc.), è pari o superiore a 20 anni, la p.a. deve collocare a riposo il lavoratore al compimento dell'età limite ordinamentale di permanenza in servizio (65 anni) se egli matura prima del 31 dicembre 2011 un qualsiasi diritto a pensione oppure lo deve licenziare al raggiungimento del nuovo requisito anagrafico previsto per la pensione di vecchiaia dalla riforma Fornero.
Al fine di verificare il raggiungimento dei 20 anni, aggiunge la nota, la p.a. deve considerare le possibilità di ricongiunzione, totalizzazione e cumulo dei contributi (legge n. 228/2012). Nel secondo caso se il lavoratore è titolare di anzianità contributive inferiore al minimo (presso tutte le gestioni), quindi insufficiente a conseguire la pensione di vecchiaia, allora la p.a. deve verificare se prolungando il rapporto di lavoro oltre il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia e fino ai 70 anni il lavoratore raggiunga il requisito di anzianità minima per il diritto alla pensione. Se ciò si verifica, il dipendente va mantenuto in servizio; altrimenti la p.a. deve collocarlo a riposo una volta che abbia raggiunto l'età limite ordinamentale dei 65 anni (senza, ovviamente, incremento della speranza di vita).