Le retribuzioni medie ammontano a poco meno di 24 mila euro e sono inferiori a quelle degli altri paesi europei. I precari pubblici sono aumentati e c'è il rischio che al 2009 diventino più di 700 mila. Le donne rappresentano il 52,7% dei dipendenti ma sono ancora poche nei ruoli dirigenziali. E la formazione del personale è scarsa.

Nel 2006 il settore della pubblica amministrazione era composto da circa 3.600.000 lavoratori, il 56,1% dipendenti dello Stato centrale, il 42,3% degli Enti locali e il restante 1,6% degli enti di previdenza. Al 2005 c'erano poco meno di 500.000 lavoratori atipici o a tempo determinato utilizzati a contratto. In Italia un lavoratore su sei è dunque un dipendente pubblico, con un numero che aumenta se si considerano chi ha un rapporto di consulenza con Enti, Ministeri, Agenzie.

Il "pubblico" in Italia garantisce quindi occupazione a oltre 4.500.000 lavoratori, il 22% dell'intera forza lavoro e il 30% dei lavoratori dipendenti.

La pubblica amministrazione italiana, in termini di costi, è allineata ai valori europei; le differenze riguardano le retribuzioni medie nette dei lavoratori che in Italia guadagnano meno. Il confronto effettuato sul rapporto fra il numero degli operatori del pubblico impiego e il totale dei residenti evidenzia che in Svezia vi sono circa 135 impiegati ogni mille abitanti, in Spagna circa 49 su mille, in Francia circa 50 su mille, nel Regno Unito circa 70 su mille e in Italia 62 su mille. Un dipendente pubblico in Austria costa 2.771 euro, in Danimarca 5.213, in Francia 3.637, in Germania 2.030, in Italia 2.660. Diversa la posizione italiana per quanto riguarda le retribuzioni. I lavoratori pagati meglio sono i francesi che in un anno guadagnano oltre 35 mila euro netti; in Germania il reddito medio netto è di circa 27 mila euro, in Spagna di circa 27.600 e nel Regno Unito di quasi 26.500 euro. In Italia, rileva l'Eurispes, il lavoratori pubblici percepiscono in media un reddito netto annuo pro capite di 23.476,9 euro, una retribuzione dunque inferiore rispetto a quella degli altri paesi europei. Il settore che registra il reddito medio più basso è quello della scuola (con 24.292 euro) mentre quello più alto spetta al comparto dei diplomatici e prefetti e a quello dei magistrati (109 mila euro annui).

Il blocco delle assunzioni ha determinato poi il progressivo invecchiamento della pubblica amministrazione". Dopo il calo prodotto dalla prima legge sul blocco delle assunzioni, il numero dei dipendenti pubblici ha ricominciato a crescere per effetto quasi esclusivamente dei contratti a tempo determinato e di quelli atipici, passati da 120.000 all'inizio degli anni Novanta (e tutti concentrati nella Pubblica Istruzione, i cosiddetti supplenti) agli oltre 600.000 stimati per il 2006 dall'Eurispes. Il blocco ha determinato un innalzamento dell'età degli occupati: tra il 2001 e il 2003 l'età media dei dipendenti pubblici è passata da 43 a 45,1 anni, con un invecchiamento di circa 2 anni. Se il trend si è mantenuto sugli stessi ritmi si può stimare che l'invecchiamento della P.A., almeno quella a tempo indeterminato, sia stato, dal 1992, non inferiore ai dieci anni.

Per quanto riguarda la parità di genere, la pubblica amministrazione è donna ma ha poche dirigenti. Secondo la ricerca Eurispes, sono circa 1.872.000 le donne impiegate negli apparati delle Amministrazioni centrali, locali e previdenziali con un'incidenza del 52,7% sul totale dei dipendenti. Nell'insieme le donne rappresentano più della metà dei lavoratori pubblici e caratterizzano il settore con un alto tasso di femminilizzazione rispetto al privato. Le donne sono poche nelle Forze armate (0,31%) mentre la scuola, specialmente quella elementare, materna e gli asili nido, è il comparto con la più alta percentuale di personale femminile (76,17%). Si registra, inoltre, una sostanziale parità tra maschi e femmine nel personale della Presidenza del Consiglio (50,93% maschi e 49,07% femmine) e dei Ministeri-Agenzie (49,90% e 50,10%). Infine, anche se inferiore al 40%, è significativa la presenza della componente femminile nella Magistratura (37,64%), nella carriera Diplomatica e Prefettizia (34,16%) e negli Enti di ricerca (39,90%). Solo in 4 comparti su 14 la percentuale di donne è superiore a quella maschile. Ma la situazione cambia drasticamente per il ruoli dirigenziali dove la percentuale femminile crolla al 27,02%.

Altro problema della pubblica amministrazione è l'assenza di formazione. La percentuale del personale che ha partecipato ai corsi di formazione è diminuita, tra il 2001-2003 ed il 2004-2006, del 2,7%; l'incidenza della spesa per la formazione sul monte retribuzioni si è mantenuta costantemente sotto all'1%, passando dallo 0,9% allo 0,7%".

E ancora, occorre riflettere sull'effettivo e non marginale ruolo del pubblico impiego come sbocco occupazionale e, in definitiva, come ingranaggio fondamentale della nostra economia.

Fonte: http://www.businessonline.it