Merita il licenziamento il lavoratore che ruba lo zaino a un collega perché queste azioni turbano "la serenità dell'ambiente di lavoro" e incidono "sulla fiducia del datore", incrinata da una simile "condotta delittuosa". Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 1814, con cui ha confermato la perdita del posto per il dipendente di una grande azienda conserviera con sede a Forlì-Cesena.
L'uomo aveva approfittato della momentanea assenza di un collega che era stato chiamato a colloquio da un dirigente per rubargli lo zaino lasciato momentaneamente fuori dall'armadietto assegnato a ogni dipendente. L'uomo aveva poi rifiutato di aprire la sua macchina dicendo che aveva perso le chiavi e di non sapere come mai lo zaino fosse finito proprio sul sedile dell'auto. Non gli è servito far presente che dentro non c'era nulla di valore e che, quindi, il furto non poteva essere considerato un fatto grave.
Per la Suprema Corte, hanno fatto bene i giudici di primo e secondo grado a convalidare la sanzione espulsiva erogata dall'azienda perché "il furto ai danni di un collega è una condotta idonea a incrinare la fiducia che nel lavoratore deve essere riposta non solo dal suo datore di lavoro ma anche dai colleghi, con i quali lo stesso è quotidianamente in contatto, ed è irrilevante, ai fini del venir meno dell'elemento fiduciario, la circostanza della modestia economica del bene sottratto". Anche perché "nel caso in questione, l'uomo non poteva sapere quale fosse il reale contenuto dello zaino".