sandro colombi

 

Alla vigilia della scorsa estate lei era ottimista riguardo alla volontà del governo di stanziare risorse per garantire il rinnovo del CCNL 2022-2024 Funzione Pubblica. Adesso non lo è più. Che cosa è andato storto?

Bisognerebbe chiederlo a qualche illustre rappresentante del governo, ad esempio al ministro dell’Economia o a quello della Pubblica Amministrazione. La verità è che il ministro Zangrillo non è stato in grado di mantenere un impegno che aveva assunto pubblicamente: ossia quello di garantire stanziamenti economici adeguati a rinnovare dignitosamente i CCNL scaduti. Non sto dicendo che la responsabilità sia tutta da addossare al ministro, ma mi sembra evidente la sua scarsa influenza all’interno della compagine governativa. Dove ancora una volta – e alla faccia dei tanto sbandierati cambiamenti promessi in campagna elettorale – hanno prevalso le solite logiche di contenimento della spesa pubblica secondo i dettami neo-liberisti suggeriti, o forse sarebbe meglio dire imposti dalle autorità finanziarie internazionali. Di nuovo, la politica non mantiene gli impegni presi e delude coloro che fanno funzionare questo Paese: gli impiegati pubblici. Ecco che cosa sta andando storto.

Dunque, a che punto è la trattativa sul rinnovo del contratto?

Come lei sa abbiamo appena iniziato. Il primo incontro si è svolto il 13 giugno scorso, poi ce n’è stato un secondo il 10 luglio e il prossimo si svolgerà il 23 luglio. Ma se il buongiorno si vede dal mattino siamo partiti davvero male. D’altra parte ci siamo sentiti dire pubblicamente che sì, il governo è consapevole che i miliardi stanziati non bastano a recuperare la perdita causata dall’inflazione a oltre tre milioni di pubblici dipendenti, ma bisogna fare i conti con la realtà, perché questo Paese non può permettersi il lusso di stanziare le risorse necessarie per difendere il valore del lavoro pubblico. Capisce il paradosso? Lo dicono e lo scrivono: servirebbero 30 miliardi, ma ve ne possiamo dare solo 8, prendere o lasciare. Siamo ormai all’asservimento totale del lavoro alle imperscrutabili esigenze dei mercati finanziari.

Di recente il ministro della FP ha emanato un Atto di indirizzo che ha suscitato diverse perplessità nel mondo sindacale. Le sue quali solo?

A parte l’insufficienza degli stanziamenti economici, l’Atto di indirizzo per il rinnovo del CCNL Funzioni Centrali presenta aspetti inaccettabili per il sindacato. Come, ad esempio, l’idea che la maggiore spesa per le ore di lavoro straordinario possa essere scaricata sulle risorse contrattuali. O lo spostamento dalle risorse fisse a quelle variabili del Fondo delle quote di indennità di amministrazione dei lavoratori cessati. O, peggio ancora, la totale chiusura alla possibilità di ampliare le materie demandate alla contrattazione collettiva, a cominciare dall’organizzazione del lavoro. Ma un po’ tutto il documento risente di un’impostazione aziendalista che punta a svilire il ruolo e le funzioni delle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro. Quando ho fatto notare queste e altre incongruenze, qualcuno ha affermato che un Atto di indirizzo non è assimilabile alle Tavole della Legge. Bene, ne prendiamo atto. Vedremo nel prosieguo della trattativa se e quanto la nostra controparte negoziale in ARAN saprà distaccarsi dalle logiche ministeriali.

Quante probabilità ci sono che questa trattativa arrivi fino in fondo anche con la firma della UILPA?

Ad oggi non mi sento di darle una risposta. Vedremo che sviluppi prenderà il confronto. L’ARAN ha messo sul tavolo una serie di proposte sullo smart-working e sulle ferie che giudichiamo interessanti. Sicuramente vale la pena di discuterne. Però resta sospesa nell’aria la questione economica, che, inutile negarlo, incombe sulla trattativa e ne condizionerà pesantemente l’esito finale. Come UILPA abbiamo posto la questione del reperimento di risorse alternative a quelle stanziate in legge di bilancio. Secondo noi c’è spazio per ragionare sulla defiscalizzazione degli incrementi contrattuali e del salario di produttività, così come sullo sblocco del tetto imposto dall’art. 23 della legge Madia. Sarebbero segnali importanti di apertura verso le istanze di una categoria di lavoratori che ha dato e sta dando tantissimo a questo Paese in termini di impegno e qualità dei risultati. Dopo tutto, se le tranches dei fondi del PNRR continuano ad essere elargiti con regolarità al nostro Paese, che si vanta di essere uno dei più virtuosi in Europa, forse un po’ di merito spetta anche a quei 200mila dipendenti delle Funzioni Centrali che da anni si stanno facendo carico di una mole enorme di adempimenti con serietà e professionalità. Lei vuol sapere se la UILPA firmerà? Posso dirle che la nostra firma arriverà solo se il nuovo CCNL conterrà elementi che vadano nella direzione di riconoscere concretamente e in modo strutturale il valore del nostro lavoro.

La Segreteria nazionale Uilpa ha lanciato di recente l’Operazione verità con la quale irridete agli annunci stampa circa un aumento della retribuzione mensile di 160 euro per i dipendenti delle Funzioni Centrali. Perché questa iniziativa?

Perché non ne possiamo più di questi metodi da imbonitori con cui i mezzi di informazione scambiano le penalizzazioni per ricche elargizioni. E infatti, sono bastate un paio di riunioni all’ARAN per iniziare a sfatare il mito dei 160 euro, che stanno già iniziando gradualmente a scendere: 159, poi 158 e chissà alla fine dove ci fermeremo. Senza contare il fatto che, in ogni caso, si tratta di un valore medio che nasconde una forbice piuttosto ampia. Poi, certo, è evidente che nessun dipendente pubblico rifiuterebbe un incremento reale a regime, che so, di 150 o anche 145 euro. Ma il punto non è questo. Stiamo parlando di una cifra che, se va bene, andrà a regime nel 2025, cioè dopo 4 anni di latenza contrattuale e dopo che l’inflazione cumulata dal 2021 si sarà mangiato il 20% della retribuzione. Mentre il governo sbandiera un 5,78% di incremento a regime come una grande conquista per i pubblici dipendenti. Ma di cosa stiamo parlando? L’Operazione Verità sui 160 euro è fatta per spiegare, con l’aiuto dell’ironia e un filo di sarcasmo, che questa operazione nasconde di fatto un trasferimento netto di risorse dalle tasche dei lavoratori pubblici alle casse dello Stato.

A cura dell’Ufficio comunicazione UIL Pubblica Amministrazione

Roma, 18 luglio 2024