Nel nostro Paese è invalsa la pratica di ridurre questioni importanti a banali slogan tralasciando la realtà e i suoi problemi. Uno degli ultimi esempi riguarda l’introduzione dell’intelligenza artificiale nei processi lavorativi della P.A. di cui tanto si parla dati gli ingenti finanziamenti del PNRR.
L’innovazione tecnologica può migliorare la qualità del lavoro. Ma non ha senso parlare di innovazione senza affrontare il problema di come agganciarla a un’organizzazione del lavoro basata su procedimenti amministrativi finalizzati ad emanare atti pubblici che devono rispettare i principi fissati dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato.
Ridurre tutto a una sterile polemica sulla presunta ostilità del sindacato all’innovazione è fuorviante per almeno tre motivi. 1) le logiche di funzionamento degli algoritmi dell’IA sono poco verificabili; 2) il più delle volte non si è in grado di ricostruire i processi con cui le macchine assumono le loro “decisioni”; 3) l’articolo 22 del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali sancisce che il destinatario degli effetti giuridici di una “decisione automatizzata” ha diritto a pretendere che la stessa “non sia basata unicamente su un processo automatizzato”.
Anche per questi tre motivi l’intelligenza artificiale non può essere trasformata nel Santo Graal dell’efficienza e della produttività. Pertanto, il tema dell’innovazione tecnologica va riportato al confronto sindacale, come del resto prevede il CCNL. Il primo passo da fare (ma non ci risulta che qualche amministrazione abbia ancora avviato un’analisi preliminare di questo tipo) è stabilire con precisione quali atti amministrativi possono essere definiti con il supporto dell’intelligenza artificiale e in quale misura, informando gli utenti e formando il personale.
Le amministrazioni dovrebbero smetterla di agire in maniera unilaterale e dialogare con il sindacato perché l’innovazione tecnologica chiama in causa innanzitutto l’organizzazione del lavoro e la politica delle risorse umane. Si tratta di argomenti da affrontare in un’ottica di programmazione mirata e condivisa, in base alle attività che ogni amministrazione svolge e agli obiettivi che intende raggiungere. Qualcuno si è posto il problema di come andrebbero riformulati i piani dei fabbisogni e quelli per la formazione dinanzi all’introduzione massiccia delle nuove tecnologie? Non è il caso di cominciare a discuterne con le rappresentanze dei lavoratori, utilizzando gli strumenti di confronto previsti dal nostro sistema di relazioni sindacali?
Prendendo in prestito le parole di uno dei maggiori esperti della materia, il Professore Donato Limone, si tratta di capire se lo sviluppo dei sistemi di IA per le Pubbliche amministrazioni debba “seguire la logica italica dell’approssimazione, del provvisorio, oppure seguire la logica di un approccio integrato, sistemico, che consideri aspetti organizzativi e tecnici, oltre a formare tutti (tutti) i dipendenti a cambiamenti (radicali) di questo tipo”, destinati a cambiare “il mondo del lavoro in generale e quello del settore pubblico in particolare”.
Questa è la strada da seguire, se si vogliono risolvere le criticità che l’adozione dell’intelligenza artificiale porta con sé. Al di fuori di questo percorso c’è solo confusione e la retorica della politica.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 29 aprile 2024