Con tutto il rispetto per le analisi sulla parità di genere effettuate da diversi soggetti istituzionali ci sembra che non si presti sufficiente attenzione agli aspetti legati alle condizioni materiali di svolgimento delle prestazioni lavorative. Condizioni caratterizzate da una flessibilizzazione sempre più spinta che favorisce il diffondersi di forme lavorative contraddistinte da incertezza, discontinuità e svalorizzazione delle competenze personali. È inutile stracciarsi le vesti per lo scarso numero di donne laureate in discipline scientifico-tecnologiche quando nel nostro Paese dilaga il precariato, sia nel privato che nel pubblico. E notoriamente le forme di lavoro precario sono le meno garantite sotto il profilo delle tutele sociali necessarie ad assicurare la parità di genere.
Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione, il problema della tutela dell’occupazione femminile si presenta in forme meno visibili ma forse persino più pericolose nonostante la P.A. veda un numero di donne superiore agli uomini (+ 500mila, dati RGS) e una maggiore percentuale di laureate rispetto ai laureati (39% contro 25%, dati ARAN).
Ma ciò che penalizza realmente le donne nelle nostre realtà lavorative sono le pessime condizioni in cui versa l’organizzazione del lavoro a causa delle scellerate politiche di tagli alle risorse per il personale e per la funzionalità delle strutture perseguite da oltre vent’anni a questa parte. Oggi negli uffici operativi delle amministrazioni pubbliche ciascun dipendente deve svolgere l’attività di due, tre, a volte quattro colleghi e assumersi responsabilità per le quali non riceve alcuna formazione specifica, alcuna copertura legale, alcun incentivo economico. Questa è la realtà nuda e cruda del lavoro pubblico oggi in Italia al di là delle chiacchiere di ministri ed ex ministri.
Una realtà nella quale la contrattazione decentrata, che è la sede in cui le norme di legge e le clausole contrattuali sul work life balance trovano concreta attuazione, risulta bloccata o, comunque, ostacolata in mille modi da controparti tuttora caratterizzate da una sterile mentalità amministrativa di stampo gerarchico e burocratico. Altro che i manager vagheggiati dal ministro Zangrillo!
Se è vero che la parità di genere è un obiettivo di importanza generale, allora la parità va messa al centro della contrattazione a tutti i livelli predisponendo nei contratti nazionali strumenti negoziali per contrastare gli equilibri di genere e creare le condizioni relazionali affinché in ogni singolo ente venga reso possibile un vero confronto con le organizzazioni rappresentative.
Tutto ciò può avvenire solo attraverso un deciso ampliamento delle prerogative della contrattazione decentrata, in modo da realizzare dei veri e propri contratti integrativi aziendali sul modello delle migliori esperienze del settore privato e attraverso la piena agibilità degli strumenti partecipativi già previsti dai CCNL. È questo l’obiettivo che la UILPA persegue, il più delle volte dovendosi purtroppo confrontare con una politica sorda e chiacchierona.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 5 gennaio 2024