L’indagine “Lavoro Pubblico 2023”, recentemente pubblicata da ForumPA, si concentra in buona parte sulla grave crisi demografica e occupazionale del pubblico impiego. Un tema ormai da tempo al centro del dibattito politico ma a cui finora la stessa politica non ha dato risposte adeguate.
Per quanto ci è dato leggere, la quasi totalità della stampa cerca di sminuire, addolcire e persino mascherare i risultati dell’indagine contraddicendo ai suoi doveri deontologici. Ma non è una novità. Comunque sia, l’evidenza dei numeri parla chiaro: nel pieno della corsa per l’attuazione del PNRR, le pubbliche amministrazioni italiane si trovano in una palude dalla quale nessuno riesce a tirarle fuori.
L’evidenza dei numeri dice che i dipendenti a tempo indeterminato hanno toccato il minimo storico nel 2021. E che la cosiddetta inversione di tendenza del 2022, strombazzata da molti organi di informazione, deriva in realtà da stime previsionali della Ragioneria Generale dello Stato, ma i dati ufficiali si conosceranno solo nel 2024.
L’evidenza dice che gli unici posti di lavoro che aumentano nella P.A. sono quelli flessibili, cioè i precari, che ormai hanno raggiunto il 15% dei posti stabili, con i tempi determinati in testa. A proposito di precariato, il ministro Zangrillo, ha recentemente dichiarato che per i giovani: “Il mito del posto fisso sta per essere soppiantato dal mito del lavoro figo.” Peccato che non tutti i giovani siano figli di milionari. Ma buon per il ministro Zangrillo che da oggi occupa sia il dicastero della Mitologia sia quello della Funzione Pubblica.
L’evidenza dice che nel 2022 la spesa pro-capite per il reddito dei dipendenti (al netto dell’inflazione) è calata ulteriormente rispetto all’anno prima ed è la più bassa dal 2015. E ancora, l’evidenza dice che nei Ministeri quasi un terzo dei dipendenti ha più di sessant’anni, mentre quelli con meno di trent’anni sono lo 0,7%.
Serve altro per descrivere lo stato comatoso in cui la politica col sostegno della stampa ha ridotto il lavoro pubblico a colpi di “Ce lo chiede l’Europa”? Penso di no.
Siamo disposti a fingere di non sentire le scempiaggini giornalistiche sui paragoni impossibili fra le retribuzioni dei dipendenti pubblici e quelle dei privati per poi concludere che, in fondo, nella P.A. non si sta poi troppo male.
Ma non siamo più disposti ad ascoltare dalla politica e dal ministro della pubblica amministrazione le favolette sul merito, sulla performance individuale e sulla retribuzione collegata alla produttività. Basta, non se ne può più.
Sono più di vent’anni che prendono a picconate il lavoro pubblico con la storia del merito, che poi non riguarda mai politici, i manager, i raccomandati, i consulenti, i privati che si riempiono le tasche di soldi pubblici. E intanto gli uffici si svuotano, i giovani rinunciano al posto pubblico perché non reggono i costi della vita fuori sede.
Invece di rilasciare interviste lunari e pubblicare bizzarri commenti sui blog, forse sarebbe meglio scendere con i piedi per terra, fare un bagno di umiltà e guardare in faccia la realtà.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 18 maggio 2023