Camera dei Deputati – Roma, 9 maggio 2023
Onorevoli Deputati,
a nome della UIL Pubblica Amministrazione, ringrazio le Commissioni Riunite Affari Costituzionali e Lavoro pubblico e privato per avermi invitato a questa audizione. Come sapete la mia Organizzazione rappresenta le lavoratici e i lavoratori del comparto Funzioni Centrali e della Presidenza del Consiglio, nonché una fetta importante dei settori della sicurezza: Vigili del Fuoco e Polizia Penitenziaria.
Il decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, era stato preannunciato dal governo e dal ministro Zangrillo come portatore di soluzioni ai problemi che affliggono la Pubblica Amministrazione italiana. Problemi strutturali, demografici, organizzativi e di competenze. Problemi che oggi appaiono in tutta la loro evidenza dinanzi alla complessità degli adempimenti legati all’attuazione del PNRR.
Non nascondo che avevo riposto una certa speranza in questo provvedimento, soprattutto per quanto riguarda la sezione dedicata al previsto piano di assunzioni straordinarie per le Funzioni Centrali. Tale comparto è il più piccolo della Pubblica Amministrazione: occupa appena il 6,3% di tutta la forza lavoro del settore pubblico contrattualizzato: poco più di 200mila dipendenti su un totale di circa 2 milioni e 600mila, ovviamente non considerando i circa 600mila dipendenti che si trovano in regime di diritto pubblico.
Nonostante le ridotte dimensioni quantitative, nelle Funzioni centrali rientrano quasi tutte le amministrazioni più importanti per la vita dei cittadini: ministeri, enti di previdenza, agenzie fiscali, organi costituzionali, organismi ispettivi e di controllo. Ebbene, da oltre vent’anni gli enti e le amministrazioni che afferiscono alle Funzioni Centrali sono sottoposte a un vero e proprio processo di smantellamento. I numeri parlano da soli: le Funzioni Centrali sono passate da oltre 330mila dipendenti in servizio nel 2001 a 203mila nel 2021, cioè oltre il 30% per cento in meno. L’età media dei ‘superstiti’ è salita da 44 a 51 anni, ma in alcuni enti vantiamo un’anzianità anagrafica di 55 anni. Questa cura dimagrante ha ridotto drasticamente l’efficienza della Pubblica Amministrazione
Il decreto-legge 44 prevede circa 3.000 nuovi ingressi nella P.A., due terzi dei quali destinati ai comparti della sicurezza. Per i ministeri sono dunque previste un migliaio di assunzioni straordinarie di personale dirigente e non dirigente, peraltro distribuite in un ristretto numero di amministrazioni. Ricordo però che, secondo i dati della Ragioneria Generale dello Stato, nel 2021 i ministeri hanno perso quasi 6.000 unità di personale rispetto al 2020. E nel 2020 ne avevano persi più di 8.000 rispetto al 2019.
Faccio anche notare che un trend analogo si registra da anni negli Enti Pubblici non Economici (-2.500 unità nel 2021 rispetto al 2020 e -3.200 nel 2020 rispetto al 2019) e nelle Agenzie Fiscali (-2.300 nel 2021 rispetto al 2020 e -3.200 nel 2020 rispetto al 2019): settori vitali per il funzionamento di numerosi servizi pubblici necessari a garantire i diritti e le tutele previsti dalla Costituzione, ma ai quali questo decreto-legge non dedica nemmeno uno sguardo.
Peraltro, stigmatizzo come sembra mancare una rilevazione omogenea dei fabbisogni di tutte le amministrazioni centrali: per qualcuna si è proceduto compiutamente ad un’analisi delle carenze professionali, per la maggior parte, invece, si è proceduto ad una sommaria rilevazione solo delle carenze delle posizioni di vertice delle macrostrutture.
Debbo essere franco: l’obiettivo di migliorare l’efficienza della macchina pubblica in funzione del PNRR per evitare il rischio di perdere i finanziamenti europei richiederebbe assai più di 1.000 nuove assunzioni e un ben altro livello di investimenti. Inoltre, va considerato che la professionalità di un dipendente pubblico si costruisce negli anni data la complessità dei problemi con cui il dipendente pubblico viene a contatto nel corso della sua attività.
Vorrei infine richiamare l’attenzione della Commissione su alcune incongruenze contenute nella prima stesura del decreto 44, rispetto alle quali mi auguro che il Parlamento possa apportare gli opportuni correttivi.
Mi riferisco, ad esempio, alla norma di esordio del provvedimento, con la quale viene stabilito l’innalzamento immediato dal 10 al 12% della percentuale di incarichi dirigenziali da conferire ai sensi dell’art. 19, comma 6, del decreto legislativo 165/2001, anche a soggetti esterni alle amministrazioni. Sottolineo il fatto che, trattandosi di un decreto-legge già pubblicato in Gazzetta Ufficiale, tutte le norme in esso contenute sono già operative.
Ora, l’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 165/2001 ha sempre avuto un’applicazione un po’ controversa nelle pubbliche amministrazioni. In base a questa norma, infatti, ciascuna amministrazione può conferire incarichi dirigenziali a tempo determinato a persone – cito testualmente – “di comprovata qualificazione professionale esterne all’amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia dell’8 per cento di quelli di seconda fascia”, per la durata di tre o di cinque anni. Si tratta insomma di uno strumento da maneggiare con cautela e senso di responsabilità, perché l’esperienza ci insegna che può dare adito a forme di clientelismo.
Nonostante ciò, il decreto-legge n. 80/2021 ha raddoppiato le percentuali degli incarichi dirigenziali assegnabili ad personam a soggetti esterni alla P.A., anche se esclusivamente per coprire le posizioni dirigenziali vacanti relative a compiti – cito testualmente – “strettamente e direttamente funzionali all’attuazione degli interventi del PNRR”.
Adesso viene aggiunta una nuova clausola, nella quale si prevede che gli incarichi di cui sopra possano essere conferiti nel limite del 12%, in deroga ai limiti fissati dal decreto 165, per la copertura di – testuale – “posti delle articolazioni che rivestono la qualifica di soggetti attuatori del PNRR e fino al 31 dicembre 2026”.
Onorevoli deputati, cosa significa l’espressione “posti delle articolazioni che rivestono la qualifica di soggetti attuatori del PNRR e fino al 31 dicembre 2026”? Le articolazioni non sono persone. Quindi parliamo di uffici e non di teste. Se è così significa che questa disposizione eleva surrettiziamente la facoltà dei vertici politici delle amministrazioni di assegnare incarichi dirigenziali “intuitu personae” in modo indiscriminato e senza passare attraverso prove selettive pubbliche, a prescindere dal fatto che questi dirigenti si occupino o meno di PNRR. Questo è un aspetto sul quale la mia Organizzazione non può essere d’accordo e sul quale invito la Commissione e il Parlamento ad intervenire in sede emendativa.
Un altro aspetto che non ci convince è quello che riguarda l’istituzione presso il Dipartimento della Funzione Pubblica del cosiddetto “Osservatorio nazionale del lavoro pubblico”. Si tratta di un organismo che dovrebbe promuovere – leggo testualmente – “lo sviluppo strategico del Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO) e le connesse iniziative di indirizzo in materia di lavoro agile, innovazione organizzativa, misurazione e valutazione della performance, formazione e valorizzazione del capitale umano, e di garantire la piena applicazione delle attività di monitoraggio sull’effettiva utilità degli adempimenti richiesti dai piani non inclusi nel Piano, anche con specifico riguardo all’impatto delle riforme in materia di Pubblica Amministrazione.”
Perdonate la franchezza, ma ho l’impressione che siamo di fronte a una superfetazione burocratica della quale non si sentiva il bisogno. Il riferimento alla necessità di verificare l’utilità dei “piani non inclusi nel Piano” è qualcosa di surreale. Peraltro, la norma contiene il rinvio ad un successivo decreto del ministro della funzione pubblica per definire la composizione di questo nuovo Osservatorio.
Vi ringrazio per l’attenzione.
Auguro a tutti voi un sereno e proficuo lavoro.
Il presente documento è stato scritto da Sandro Colombi e presentato in aula da Renato Cavallaro.