Di Marino Longoni 17-12-2012
Quando il ministro Elsa Fornero lascerà l'incarico di governo, potrà legittimamente rivendicare di aver portato a compimento il percorso di consolidamento del sistema previdenziale già iniziato da Maurizio Sacconi. Ora i conti dell'Inps e delle Casse autonome di previdenza sono certamente più sostenibili di qualche anno fa.
L'altro lato della medaglia è che le pensioni, per chi lavora, si allontanano sempre di più, costano sempre di più e gli importi sono sempre più ridotti. Il 1° gennaio 2013 sarà una data da ricordare sia per i professionisti sia per i lavoratori dipendenti. Per le casse privatizzate scattano, infatti, una serie di riforme necessarie per adeguare i bilanci al criterio della sostenibilità a 50 anni.
Imponendo questa esigenza la Fornero è riuscita a ottenere che tutte le casse allungassero gli anni di lavoro necessari per andare in pensione, aumentassero i contributi e riducessero gli assegni dei futuri pensionati. Oggi un giovane professionista ha come orizzonte pensionistico i 70 anni, mentre la percentuale dei propri guadagni che deve versare all'ente di previdenza continua a crescere in modo sempre più veloce.
Non che i lavoratori dipendenti stiano meglio. È vero che riescono ad andare in pensione qualche anno prima, ma i loro contributi sono decisamente più alti di quelli dei professionisti. E anche per loro il 1° gennaio porterà solo brutte notizie: assegni previdenziali ridotti del 2% rispetto a chi è andato in pensione nei tre anni precedenti e addirittura del 7% rispetto a chi ci è andato nel 2009.
E non solo. Sempre dal 1° gennaio bisognerà lavorare tre mesi in più: è l'effetto dell'applicazione del meccanismo di adeguamento alla cosiddetta speranza di vita. Siccome si vive più a lungo, bisogna anche lavorare di più. Difficile contestare la logica dei numeri che spinge i responsabili degli enti di previdenza a scelte sempre più dolorose.
C'è un solo problema: a essere penalizzati sono solo i giovani, mentre chi è già in pensione, per effetto del principio della salvaguardia dei diritti acquisiti, affermato anche di recente dalla Corte costituzionale per annullare alcuni contributi di solidarietà imposti a pensionati, può permettersi veramente di vivere in un altro universo. Dove il rapporto tra contributi versati e pensioni ricevute è inesistente. Dove non bisogna tener conto della sostenibilità degli enti di previdenza.
Dove chi è entrato può guardare chi gli paga la pensione dall'alto in basso. Questa è l'eredità, che rischia di diventare ogni giorno sempre più drammatica, degli ultimi due ministri del lavoro. Non a caso, quasi la metà dei risparmi consentiti dalle ultime riforme previdenziali è stata bruciata per salvaguardare gli esodati.