«Lo scontro tra il leader della Fiom Landini e Renzi? Bisogna abbassare i toni, stiamo esagerando, c’è già troppa tensione nel Paese». Carmelo Barbagallo, fresco di nomina come segretario generale della Uil, si dice «sconcertato» per l’accusa che il leader del sindacato dei metalmeccanici della Cgil ha rivolto al premier («Con lui solo disonesti»).
Un attacco pesante, che c’è dietro? Landini si stapreparando un futuro in politica?
«Non voglio entrare in questi temi. Non posso pensareche ci siano partiti che stanno dalla parte dei disonesti. Già c’è abbastanza disagio in giro che aumentarlo con frasi di questo genere è pericoloso. Spesso ci si insulta piuttosto che confrontarsi, così non va».
Ma come si è arrivati a questi raporti tesi tra il governo e i sindacati?
«Quando Renzi è arrivato a Palazzo Chigi ha pensato a rottamare tutto, prefigurandosi avversari e nemici per giustificare una richiesta di rinnovamento. Noi siamo un sindacato riformista nel Dna e non abbiamo bisogno di essere convinti».
Però Renzi le riforme le vuole fare da solo e con poche interferenze sindacali...
«Staremo a vedere. Al Washington Post ha detto che vorrebbe imprenditori che possano assumere e licenziare chiunque quanto e come vogliono. Non mi sembra una
posizione moderata, ma schierata. Come quella di proporre solo cene da mille euro. Io gli ho suggerito di organizzare una cena da venti euro con cassintegrati,
disoccupati e pensionati per ascoltare le ragioni della parte debole del Paese».
Vuol dire che Renzi è poco di sinistra?
«Le sue scelte politiche finora non hanno un segno marcato di sinistra. Il Jobs Act è scritto in inglese perchè come in Inghilterra c’è la circolazione a sinistra e la guida a destra».
Insomma è una riforma di destra?
«Il fatto stesso che Renzi non voglia confrontarsi con i sindacati la dice lunga su quello che c’è scritto. È chiaro che il lavoro non si crea per decreto e bisogna fare in modo che l’imprenditoria sia incentivata a creare nuovi posti ma non è con 6 miliardi dati a pioggia alle industrie che si creano le condizioni per sconfiggere la disoccupazione».
Di fatto Renzi ha dato una spallata alla concertazione. Non vi sembra di contare di meno?
«Non ci sentiamo orfani della concertazione. Renzi dimentica che fu creata da Ciampi per far digerire alcune misure necessarie ad entrare in Europa. La concertazione veniva chiesa quando c’era da fare sacrifici. È un rito da non ripetere. Sarei preoccupato se Renzi ci chiamasse per concertare perchè vorrebbe dire che vuole chiederci qualcosa. Diverso invece è trattare i temi del lavoro perchè il sindacato rappresenta il mondo del lavoro mentre il governo spesso rappresenta interessi di altre parti che non sono le nostre. Noi avevamo plaudito agli 80 euro e chiesto di estenderli ai pensionati. Si era impegnato a farlo ma poi si è pentito. La legge di Stabilità non contiene un euro per i pensionati. Come pure non ci sono soldi per rinovare i contratti degli statali. I temi su cui discutere sono tanti e noi abbiamo tentato in tutti i modi di favorire il confronto ma Renzi l’ha rifiutato. Quando un sindacato verifica che non c’è la possibilità di un accordo, decide lo sciopero».
Lo sciopero non è uno strumento di lotta superato?
«Cosa facciamo. Non c’è discussione e il disagio nel Paese aumenta»
Ma sta crescendo anche la disaffezione verso il sindacato.
«Basta con questi luoghi comuni. La Uil non ha mai avuto tanti iscritti come in questo periodo: 300 mila in più di dieci anni. I pensionati sono un terzo a differenza di altre organizzazioni. Ma poi che facciamo, vogliamo rottamare gli over 60 che sono il 30% del Paese? Nel congresso ho prospettato di fare una battaglia per un patto generazionale. I giovani non fanno più figli. Dove non c’è crescita demografica non c’è crescita dell’economia. Non chiediamo posto fisso ma posti stabili per i giovani e poi flessibilità in uscita per gli anziani».
Non sarà che la mancanza di trasparenza nei sindacati sta allontanando consensi?
«I nostri bilanci sono pubblici da molti anni e abbiamo nominato revisore dei conti un magistrato della Corte dei Conti. Lancio una sfida al governo. Proponga una legge per rendere pubblici i bilanci di tutte quelle associazioni che ora non sono obbligate a farlo. Comprese le strutture ecclesiastiche».
Laura Della Pasqua - il Tempo