Italia Oggi 07/12/2012
Salari sempre più magri, morsi dall'inflazione e adesso persino bloccati per legge. Sono alcuni dei dati emersi dall'analisi elaborata da Fp-Cgil, Uil-Fpl e Uil-Pa, "E' questione salariale! Il lavoro nei servizi pubblici fra blocco dei contratti e tagli", e presentata stamane presso l'Hotel Nazionale in Piazza Montecitorio a Roma.
In soli 10 anni il numero di dipendenti pubblici ogni 100 abitanti è passato da 6,4 a 5,8, in controtendenza con tutti gli altri paesi presi a confronto, Francia esclusa, dove però il rapporto è del 9,4 e la flessione di appena lo 0,1. Un dato che nel nostro paese è destinato a peggiorare a causa di un'accelerazione delle fuoriuscite (quasi 160mila nel solo 2010) e della mancata sostituzione del personale causata dal blocco del turn over.
Per trovare un paese più virtuoso bisogna guardare alla Germania, poco distante con 5,4 lavoratori ogni 100 abitanti, o alla Grecia. Non diversa è la situazione salariale, con un rapporto tra spesa per redditi e abitanti poco superiore ai 2800 euro, in linea con i 2700 euro della media europea. Salari sempre più magri, morsi da un'inflazione che negli ultimi 12 anni ha superato di ben 7,6 punti percentuali la crescita dei livelli stipendiali.
Un aggregato, quello dei redditi da lavoro dipendente, in caduta libera: nel 1991 rappresentavano il 12,5% del pil italiano, oggi il 10,6%. Con il permanere del blocco dei contratti nel 2015 giungerà al 9,7%. A pagare di più sono i dipendenti contrattualizzati, quelli con un sistema contrattuale simile al privato, con una crescita poco superiore al 30% in 10 anni, mentre per magistratura, carriera prefettizia e diplomatica, i cui contratti vengono stabiliti per legge, gli aumenti vanno dal 44 al 71%.