La creazione di una Agenzia unica di vigilanza, in materia di lavoro e sicurezza sul lavoro, tesa non solo a coordinare l’attività ispettiva del Ministero del lavoro, dell’Inps e dell’Inail, ma ad individuare i campi di intervento, gli obiettivi da realizzare, la definizione di programmi operativi da attuare, la realizzazione di un’attività di intelligence di verifica amministrativa, sia a monte che a valle degli accessi ispettivi, richiederebbe un’organizzazione complessa in termini di risorse umane ed economiche ragguardevole, la cui istituzione non potrebbe che avvenire attraverso uno specifico emendamento al disegno di legge delega sul cosiddetto Jobs Act.

La sua ricercata creazione, partendo dall’intento di fondere le diverse anime dei corpi ispettivi operanti in tali ambiti, dovrebbe, di fatto, produrre effetti migliorativi in termini di efficienza gestionale e pertanto economica, oltre ad agire sulla stessa efficacia dell’azione di vigilanza. I consensi sono quasi del tutto unanimi in materia, e come poter affermare un’idea diversa, d’altronde c’è una convergenza degli interessi datoriali, nel non avere duplicazioni di interventi ispettivi ed individuare un unico interlocutore a livello centrale e territoriale in materia di vigilanza, con quelli dello Stato che, per motivi di bilancio, è nella spasmodica ricerca di realizzare un sostanziale risparmio, conseguibile anche attraverso adeguati processi di economie di scale. Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che dovrebbe concentrarsi l’attenzione del Governo e del Parlamento circa l’effettivo risparmio realizzabile a seguito della scelta di creare un “nuovo ente”.

L’idea di accorpare, di razionalizzare le risorse per la realizzazione di una mission comune, seppure con specificità diverse in termini di obiettivi da raggiungere da parte dei singoli Enti e/o Amministrazioni attualmente operanti nella medesima area di intervento, è senza dubbio lodevole, anche se non nuova; la sua genesi trova fondamento nell’art. 7, comma 1, della legge n. 247/2007 che auspica il sorgere della grande Casa del Welfare, che di fatto rimane ancora un progetto inattuato, non essendo riuscita l’Amministrazione statale a riunificare neppure le strutture di vigilanza di Ministero, Inps e Inail. Questo è solo un esempio degli immani interventi legislativi tutt’ora inattuati e di cui si potrebbe ampiamente redigerne una lista corposa (vedasi ad esempio le sorti dell’Agenzia Nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro). 

Su tutto, però va menzionata la mancata attuazione dell’art. 10 del d.lgs. n. 124/2004, anche se è giusto dire che il legislatore più volte ha cercato di rendere operativa tale disposizione (art. 7, co. 2, d.l. n. 70/2011 e art. 14, co. 4, d.l. n. 5/2012), così come con il d.l. n. 145/2013 (art. 14) ha tentato di rendere operativamente obbligatorio il coordinamento preventivo, almeno con riguardo a Ministero del Lavoro, Inps e Inail, ma la norma che lo prevedeva è stata eliminata dal testo della legge di conversione n. 9/2014. Né si può dire abbiano avuto concreta efficienza ed efficacia le sedi di coordinamento centrale (Commissione centrale, art. 3), regionale (Commissione regionale, art. 4) e territoriale (CLES, art. 5) disegnate già dal d.lgs. n. 124/2004 che pure avrebbero consentito di razionalizzare, uniformare e coordinare le attività ispettive dei diversi organismi di vigilanza in materia di lavoro e di previdenza sociale, né è mai stata realizzata la banca dati telematica che in base all’art. 10 del d.lgs. n. 124/2004 avrebbe dovuto raccogliere tutte le informazioni relative ai datori di lavoro ispezionati.

A questo punto ci si domanda ma è proprio necessario creare un nuovo Ente?, Ma è proprio indispensabile, in questo momento epocale di eliminazione del superfluo, del tagliare i rami secchi dell’inefficientismo pubblico, partorire un nuovo “elefante”. Sì, è vero, se l’ipotesi dell’istituzione dell’Agenzia del lavoro può, da un lato, sembrare l’epilogo di una maturazione legislativa volta a realizzare concretamente idee già oggetto di ampia discussione parlamentare, dall’altro non si può non evidenziare la sussistenza di non poche e rilevanti problematiche attuative di coerenza normativa e costituzionale.

Non entrando nel merito delle criticità di tipo costituzionale e/o legiferativa che si verrebbero a porre in essere, lasciando per l’appunto la materia di discussione a più alti livelli di studio e di approfondimento.Si potrebbe fornire degli spunti più pragmatici in materia, piuttosto che quelli di natura filosofica che porterebbero ad analisi di principio e di sistema, che in questo caso poco sarebbero d’aiuto alla valutazione di uno stato di fattibilità del progetto “un’unica vigilanza previdenziale ed assistenziale“

Seppure si riuscisse a realizzare un’Agenzia/Ente di una tal portata si rischierebbe, comunque, di creare una scatola vuota di contenuti, qualora non si provvedesse contestualmente ad uniformare la disciplina contrattuale di tutto il personale ispettivo, e semmai anche di quello amministrativo e professionale che si dovesse eventualmente cooptare in questo nuovo “contenitore”; in questo momento si è in presenza di operatori incardinati in forme contrattuali del pubblico impiego completamente diversi, e non solo sul piano della gestione del rapporto lavorativo, ma ancor più dal punto di vista economico. Pertanto non ci si potrebbe limitare ad un accorpamento fisico delle strutture, ma dev’essere soprattutto contrattuale ai fini della disciplina del rapporto di lavoro degli operatori coinvolti.

Se l’auspicio, soprattutto in ambiente operatori del Ministero del Lavoro, è quello di procedere ad un accorpamento non solo del personale ispettivo, ma anche del personale amministrativo preposto agli uffici legali e del contenzioso, l’Agenzia dovrebbe, secondo tali esigenze, riunificare non solo i funzionari di vigilanza, ma anche gli uffici del contenzioso INPS INAIL e gli uffici legali delle direzioni del lavoro, in modo da consentire l’unitario trattamento anche del contenzioso amministrativo e giudiziale. Ancora una volta saremmo in presenza di una pantomima di parte che non ha una visione globale della mission da realizzare, ma che ha nel proprio mirino il solo obiettivo di specie. Un’Agenzia/Ente che voglia perseguire efficacemente un’azione di vigilanza seria, che nel contempo svolga azione di prevenzione, di presenza capillare sul territorio, che sia camaleonticamente preparata ai cambiamenti del mondo del lavoro ed imprenditoriale, che svolga anche un’adeguata attività consulenziale per fornire i giusti indirizzi comportamentali alle imprese, nell’intento di garantire il rispetto delle norme in essere e non svolgere solo un’azione repressiva, non può fare a meno di tutte le funzioni amministrative necessarie per accertare in via preventiva i settori, le aree territoriali e le categorie imprenditoriali e/o datoriali da assoggettare a verifica. La predisposizione di attività di monitoraggio costante nei confronti di quelle aziende che sono risultate in qualche modo non regolari, nonché di adempiere a funzioni amministrative collegate alle entrate contributive e sanzionatorie derivanti dagli esiti ispettivi, non possono essere considerate avulse dalla fase dell’accertamento del credito, del perseguimento del debitore nell’azione di recupero e all’attività legale amministrativa e giudiziale che non è solo a supporto ma ne costituisce funzione complementare.

L’istituzione di un nuovo Ente non deve rappresentare la panacea della disorganicità e della disomogeneità dell’azione di vigilanza degli attuali Enti/Amministrazioni operanti, deve essere considerato il momento di un passaggio culturale volto alla concentrazione degli sforzi organizzativi, gestionali, informativi, comunicativi, legali amministravi e giudiziali di chi opera in tale ambito. In conclusione se l’dea è buona, non necessariamente bisogna costituire un nuovo Ente per poterla perseguire. E’ necessario analizzare non solo gli elementi di criticità dell’attuale sistema di vigilanza, ma anche e soprattutto i punti di forza delle singole attività ispettive da un punto di vista gestionale, organizzativo, di sistema informativo e informatico adottato (software).Posto che sono gli stessi ambiti ministeriali ad intravedere lacci e lacciuoli in una direzione gestionale ed organizzativa in capo al Ministero, come fattore di debolezza almeno nella fase di coordinamento e in quella operativa, nonché nell’indicare nell’impostazione contrattuale disciplinante il rapporto di lavoro dei funzionari di vigilanza quello degli Enti Pubblici non Economici e il CCNI dell’INPS come quello di riferimento da seguire nell’eventualità della costituzione di un’Agenzia Unica della vigilanza. Perché non fare,allora, altri tipi di scelta?

L’INPS, in quest’ultimi decenni, è stato preso ad esempio da tutti i Governi succedutosi nel tempo, quale Ente pubblico di riferimento per l’innovazione tecnologica, per la sua evoluzione organizzativa tesa a confrontarsi con i cambiamenti della società e dei tempi, raggiungendo livelli di efficienza non paragonabili a nessun’altra amministrazione pubblica centrale. Tutti gli interventi legislativi di questi anni sono stati rivolti ad accentrare verso l’Istituto una serie di adempimenti di competenza statale o regionale, senza che fossero mai contestati livelli di peggioramento del servizio rivolto all’utenza in termini di efficacie e di efficienza, anzi. E allora perché non provarci anche con la vigilanza, perché non dare maggior peso alla Direzione Centrale vigilanza e per il lavoro sommerso dell’INPS. Utilizzando le giuste misure, garantendo le specificità di entrate previste in capo all’accertato contributivo e/o sanzionatorio di pertinenza, si potranno conseguire solo i benefici di efficienza e di efficacia già presenti nell’Istituto. L’INPS sta assumendo la figura di Ente virtuoso, ed al quale è più facile chiedere sforzi in virtù di un efficientismo economico dettato dalla necessità di rendere effettivamente esecutiva la spendingreview. L’INPS è l’unico Ente, ad esempio, che per legge deve garantire un risparmio di spesa annuo di 500 milioni di Euro e che già ha rispettato di eseguire. La storia sembra non tradire le prospettive.

In conclusione, dunque, a parere della scrivente Sigla, l’Agenzia unica può rappresentare una valida idea, ma con un incremento di costi ragguardevole, se si pensa che la stessa dovrà essere gestita da una nuova tecnocrazia, dalla nomina di nuovi organi collegiali, per non parlare dell’accorpamento di un numero di risorse umano che si aggirerebbe intorno alle 8.000-8.500 unità con l’applicabilità di un CCNL di Ente pubblico non economico o Agenzia fiscale, mentre con un operazione di accorpamento di tutti gli adempimenti amministrativi di preaccertamento, verifica amministrativa, verifica ispettiva, recupero del credito, attività legale amministrativo-giudiziale contro il solo accorpamento dei funzionari di vigilanza del Ministero del lavoro e dell’INAIL all’interno dell’INPS, ciò rappresenterebbe un risparmio economico non solo nel medio e nel lungo periodo, ma soprattutto immediatamente contestuale, visto che in questo caso riguarderebbe non più di 3.500 unità.

Cordiali saluti.

 IL COORDINATORE GENERALE UILPA-INPS
(Sergio CERVO)