TempoReale 28/03/2013

Il dirigente di una pubblica amministrazione non può fisicamente mettere a sedere un dipendente per farlo lavorare. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso presentato da un dirigente del comune di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) accusato di violenza privata per un litigio avvenuto nel 2005 con una dipendente comunale sua sottoposta.

Il giudice di primo grado aveva assolto il funzionario ritenendo applicabile la discriminante dell'adempimento di un dovere o dell'esercizio di un diritto. Anzi, secondo il giudice sarebbe stata la donna a rendersi responsabile di diversi illeciti (inottemperanza agli ordini di servizio, ingiuria e diffamazione in danno del superiore, resistenza a pubblico ufficiale, per essersi opposta anche fisicamente all'ordine di rientrare nella propria stanza). Secondo il giudice, non sarebbe stato sufficiente promuovere un procedimento disciplinare e "il mero ricorso a una segnalazione scritta non era in alcun modo in grado di porre fine al comportamento della dipendente".

La Corte d'Appello di Ancona aveva ribaltato la sentenza, condannando il dirigente a quattro mesi di reclusione (pena sospesa) e al risarcimento di seimila euro a favore della parte civile. La Cassazione ha confermato la condanna. L'avvocato della donna, ha sostenuto che "se anche la dipendente non avesse ottemperato agli ordini del dirigente questi non aveva alcun dovere o diritto di esercitare nei suoi confronti una coazione fisica: nessuna norma gli riconosce, neppure implicitamente, simile facoltĂ ".