Tra le possibili coperture finanziarie per i primi interventi dell'esecutivo il riordino e l'accorpamento delle strutture dello Stato

 

ROMA Giovedì 2 Maggio

 

Anche per le coperture finanziarie il governo Letta spera di non partire da zero. L’ambizioso programma di interventi delineato dal presidente del Consiglio eredita alcune emergenze lasciate dal precedente esecutivo, che aveva però anche elaborato dossier che poi non hanno trovato applicazione, ad esempio in materia di contributi alle imprese e di agevolazioni fiscali. Ma è chiaro che il reperimento delle risorse necessarie a tamponare le urgenze, e poi a impostare le successive scelte di politica economica, non potrà non passare per una ulteriore fase di spending review, di tagli alla spesa pur se il più possibile mirati.

 

La partita non è facile, anche per motivi di calendario. Siamo ormai all’inizio di maggio; anche un provvedimento di urgenza emanato già nei prossimi giorni avrebbe per l’anno in corso un orizzonte di sei-sette mesi. Vuol dire che qualsiasi intervento di riduzione delle uscite dovrà avere un’intensità quasi doppia per assicurare la stessa efficacia.

 

NUOVA SPENDING REVIEW

 

Ci sono comunque alcune azioni già avviate con i precedenti provvedimenti di spending review: riguardano ad esempio le strutture periferiche del governo (prefetture, uffici provinciali del Lavoro e del Tesoro). La direzione di marcia è razionalizzare e accorpare, senza penalizzare i servizi ai cittadini: un processo che potrebbe ricevere una nuova spinta dalla ribadita volontà del premier di portare avanti l’abolizione delle Province e più in generale di «riordinare i livelli amministrativi». I margini di risparmio sono potenzialmente ampi, anche se non sarà facile ottenere risorse certe nell’immediato.

 

Un settore in cui è possibile intervenire è quello dei contributi alle imprese. Il terreno è stato già esplorato a veri livelli nei mesi scorsi, da ultimo con la cosiddetta agenda Giavazzi. Sulla carta, i sussidi eliminabili arriverebbero a 10 miliardi, ma la dote per un intervento rapido si riduce di molto. Anche il dossier delle dismissioni è aperto da tempo, ed anzi il documento di economia e finanza (Def) conferma l’obiettivo di ricavare 15-16 miliardi l’anno per i prossimi cinque anni, destinati però alla riduzione del debito.

 

LE AGEVOLAZIONI

 

C’è poi la lunga lista di agevolazioni fiscali messa a punto da Vieri Ceriani, ancor prima di diventare sottosegretario all’economia nel governo Monti. La stesso decreto sulla spending review della scorsa estate prevedeva che queste risorse potessero essere destinate alla cancellazione dell’aumento Iva. L’elenco delle cosiddette tax expenditures da tagliare o ridurre è molto lungo, ma l’esperienza dell’ultima legge di stabilità, quando il governo ha ipotizzato e poi ritirato una parziale revisione delle detrazioni Irpef, consiglia prudenza.

 

Capitolo parallelo è quello delle prestazioni assistenziali. È pronta una riforma dell’Isee, l’indicatore usato per misurare reddito e ricchezza ai fini della rette di asili pubblici e università e altri servizi pubblici: criteri più mirati dovrebbero permettere di escludere da questi benefici cittadini non in reale stato di bisogno. L’adozione del nuovo strumento è stata recentemente raccomandata nelle conclusioni dei saggi nominati dal presidente della Repubblica in materia politica e sociale; e una mano alla lotta contro i finti poveri potrebbe arrivare anche dall’utilizzo dell’anagrafe dei conti bancari.

 

LA PARTITA CON LA SVIZZERA

 

Naturalmente il tema della lotta all’evasione fiscale è molto più vasto: Enrico Letta ha fatto capire di fare affidamento su questa voce, anche se una giusta cautela suggerisce di non quantificare ex ante i possibili risultati. Ma il nuovo governo punta anche a cambiare il rapporto tra cittadino e fisco, affiancando alla severità della repressione il volto di un fisco amico. I partiti guardano con interesse anche ad una possibile accelerazione delle trattative con la Svizzera per un accordo simile a quello concluso da altri Stati europei. Lo schema Rubik prevede la tassazione dei capitali situati nelle banche elvetiche, sia per il passato sia a regime per il futuro, in cambio del sostanziale mantenimento del segreto bancario. Ma è probabile che questa partita si giochi ormai a livello europeo.