di Antonio Giancane 08/04/2013

In rerum natura», diceva il manzoniano Don Ferrante, «non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può esser né l'uno né l'altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera». Novello Don Ferrante, il ministro dell'economia, Vittorio Umberto Grilli rischia sul ritardo dei pagamenti di far la fine dello stesso personaggio.

La nostra tecnocrazia non brilla per acume. A molti è capitato di assistere allo spettacolo del ministro balbettante sulla Rai, che rispondeva che quelle spese sono state già effettuate dal nostro bilancio, quindi non serve una copertura finanziaria. Quindi non c'è alcun contagio in atto.

Già, ma perché le imprese non vengono pagate? Chi lo va a spiegare ai creditori, che i soldi sono già usciti, ma non sono disponibili in quanto ostaggio dell'Europa? È questo il punto, che rende sostanzialmente inefficaci le direttive comunitarie e le norme nazionali che chiedono tempi rapidi e prevedono sanzioni in caso di ritardo.

Il problema è che l'Italia, a differenza della maggior parte dei paesi europei, ha effettuato per molti anni manovre di risanamento «finte», basate su giochi contabili di bilancio, e ha aggiustato i conti ricorrendo alle gestioni fuori bilancio che negli anni avevano consentito un rilevante accumulo di risorse finanziarie.

Un tempo la magistratura contabile le aveva definite il «Lago di Pola», cioè un deposito sotterraneo di giacenze contabili, in grado di far deragliare la finanza statale. Ora però, con il Patto di stabilità interno, residui di bilancio e giacenze sui conti di tesoreria sono stati posti a garanzia del rispetto dei limiti del deficit. Sono sotto sequestro Ue e di fatto indisponibili, ai fini del controllo dei flussi della spesa pubblica.

Da qui i problemi. Da un lato il Tesoro chiede inutilmente agli enti di «certificare» i debiti di fornitura. Dall'altro i creditori chiedono di poter compensare i crediti con i debiti fiscali e contributivi. Ma il tempo stringe e se i ministri Grilli e Passera bisticciano su questo, il ragioniere generale dello stato, carte alla mano, richiede formale copertura di cassa su spese già impegnate a copertura di lavori già eseguiti.

Qualcuno, ingenuamente si potrebbe chiedere se alla pubblica amministrazione è addirittura necessaria una legge, o addirittura un decreto-legge, per saldare un conto non pagato. Certamente, si risponderà, se il conto è di cento miliardi...