di Dario Ferrara 05/04/2013

Via libera al danno non patrimoniale al dipendente pubblico demansionato dall'ente datore: a far scattare l'obbligo risarcitorio a carico dell'amministrazione basta la prova che la dequalificazione imposta al lavoratore risulta nota, o comunque conoscibile, in tutto l'ambiente di servizio, complice il cambio di sede connesso con la modifica delle mansioni. Il ristoro risulta determinato nella misura equitativa del 20% dello stipendio per ogni mese in cui si è protratto l'illegittimo demansionamento del lavoratore.

E ciò benché il provvedimento dell'amministrazione che ha portato la «deminutio» del dipendente sia stato adottato con finalità cautelari, dopo che il lavoratore è stato colpito da un serio problema di salute: bisognava subito reintegrare il dipendente nelle sue originarie funzioni dopo il verdetto dei medici che ha escluso postumi invalidanti. È quanto emerge dalla sentenza 157/13, pubblicata dalla seconda sezione del Tar Liguria.

Immagine lesa. Vince la sua battaglia contro il comando il caposquadra dei vigili del fuoco «degradato» a semplice centralinista dopo aver avuto l'infarto. E ciò anche in seguito all'accertamento della commissione medica che conferma come il dipendente possa tornare alla guida degli interventi operativi. Ha un bel dire, la difesa erariale: il provvedimento dell'amministrazione è adottato proprio a tutela della salute dell'interessato. Ma ai giudici liguri pare più frutto di un eccesso di zelo, visto che i certificati sanitari attestano l'idoneità al reimpiego. Il demansionamento, insomma, è oggettivo.

Questo tuttavia non basta a far scattare il risarcimento del danno definito «esistenziale» dagli stessi magistrati. L'onere della prova risulta in ogni caso raggiunto laddove la notizia della «retrocessione» del caposquadra appare di dominio pubblico nell'ambiente di lavoro, con l'indubbia perdita di prestigio patita dal dipendente rispetto alla considerazione dei colleghi. Il danno non patrimoniale si configura per la violazione del diritto al lavoro garantito dalla Costituzione: l'occupazione consente «la realizzazione della personalità individuale». L'amministrazione paga anche le spese di giudizio al suo dipendente.