Sale la disoccupazione, cala il pil, crollano gli investimenti. Ma crescono, per fortuna, le esportazioni, che rappresentano la chance su cui puntare per uscire dalla recessione. Nelle analisi di Confindustria e Svimez viene tracciata la strada, stretta, per rilanciare il Mezzogiorno. Drammatica la situzione nel mercato del lavoro. Il tasso medio di disoccupazione dei primi due trimestri del 2012, al 17,4%, passa al 18,3% del quarto trimestre (ultimo dato Istat).

Ma dal Check-up di dicembre di Confindustria emerge anche un'indicazione positiva: le esportazioni dal primo semestre del 2011 al primo semestre del 2012 sono aumentate del 7%. Una quota, questa, superiore rispetto a quella del nord che, nello stesso periodo, è aumentata del 3,9%. Il documento di Viale dell'Astronomia indica chiaramente come una delle strade da percorrere per migliorare la situazione del Mezzogiorno sia potenziare proprio le esportazioni, passando per un incremento della capacità competitiva delle imprese mediante fusioni o creazioni di reti di impresa.

Una tesi sostenuta anche dallo Svimez, secondo cui è necessario "innalzare le dimensioni medie d'impresa, aumentare il grado di apertura verso l'estero e attrarre investimenti". Questo, in un quadro in cui il livello degli investimenti pubblici è costantemente in calo. "La spesa in conto capitale nel Mezzogiorno si è ridotta, dal 2007 al 2011, di circa 7 miliardi di euro, passando dai 22 miliardi del 2007 a poco più di 15 nel 2011", emerge ancora dal Check-Up di Confindustria.

E anche sul versante degli investimenti privati la situazione non è rosea. "La quota di imprese manifatturiere che hanno investito è andata, infatti, progressivamente calando dal 37,4% nel 2008 al 23,6% nel 2011". Ciò è causato principalmente "dai problemi infrastrutturali, burocratici e di corruzione, dal deficit di servizi a elevato valore aggiunto, dalla restrizione del credito, dall'insufficiente spesa in ricerca e dai ritardi dei pagamenti della p.a.".

Per Confindustria, sono tre i punti fondamentali per far ripartire l'economia meridionale: impresa, favorendo gli investimenti e sostenendo i giovani nell'avvio di proprie attività; lavoro, adottando misure per frenare "l'emorragia" occupazionale e ponendo forti basi per rispondere nel lungo periodo alle sfide del mercato e la condizione della vita dei cittadini, migliorando le infrastrutture affinché nel Mezzogiorno "si possa restare evivere bene".

Anche lo Svimez, per cui la "ripresa non può che ripartire dal Mezzogiorno", sottolinea come il meridione sia a rischio "desertificazione industriale" e come sia necessaria "una politica attiva" per adeguare le strutturale del sistema produttivo, anche "con interventi volti a rilanciare i poli interessati da crisi aziendali o territoriali". Così come è necessaria "una riqualificazione del modello di specializzazione che opponga al declino in atto il sostegno allo sviluppo delle attività a più alta produttività, aprendo anche la strada alla crescita di nuovi settori strategici per l'industria nazionale".

Quanto alla qualità della vita e alle infrastrutture, spiega lo Svimez, "solo attraverso la programmazione di specifici investimenti pubblici, un'azione dedicata di stimolo, sostegno e affiancamento alle pubbliche amministrazioni del Mezzogiorno e un forte coordinamento tra politiche fiscali e politiche di riqualificazione urbanistica, si potranno ottenere risultati significativi nel campo della crescita e dell'occupazione".