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Qualcuno nei piani alti della politica, della burocrazia e dell’informazione si era illuso che sarebbe stato sufficiente trasformare i concorsi pubblici in una specie di gara a quiz per spalancare rapidamente le porte del lavoro pubblico a tanti giovani skillati e colmare così i vuoti di organico.

La realtà ha riportato le cose nella loro giusta dimensione: malgrado siano stati messi a concorso molti nuovi posti, tanti uffici continuano a essere sguarniti di personale. La spiegazione è ovvia. Grazie alla speditezza delle nuove procedure i concorrenti partecipano a più concorsi, entrano nelle graduatorie di più enti e alla fine scelgono l’amministrazione che garantisce una retribuzione migliore. Dinanzi a questo fenomeno politici, giornalisti e alti burocrati scoprono l’acqua calda: nel pubblico impiego esistono forti differenze retributive fra un ente e l’altro. Differenze determinate non dalla retribuzione tabellare fissata dai contratti nazionali, ma dal diverso peso del salario accessorio a livello di singola amministrazione.

È veramente frustrante dover ripetere: noi ve l’avevamo detto.  Ma ci tocca ricordare che il sindacato denuncia da decenni le sperequazioni retributive che penalizzano alcuni Ministeri rispetto ad altri. E se queste sperequazioni ultimamente si sono attenuate (pur restando ancora notevoli) è solo perché il sindacato negli ultimi due CCNL – con la UILPA in prima fila – ha ottenuto che fosse ripreso il cammino di graduale recupero delle differenze sulle indennità di amministrazione.

Ma questo non basta, perché ci sono altre voci retributive che contribuiscono a tenere largo il divario. Ad esempio, le quote di salario accessorio legate alla produttività. Quote che dipendono dall’entità degli importi a disposizione dei Fondi per le Risorse Decentrate. E quando si passa ad esaminare da vicino l’entità delle cifre pro-capite di salario di produttività ci si rende conto che in alcuni Ministeri l’impegno professionale dei lavoratori per raggiungere il massimo degli obiettivi frutta al massimo 50-100 euro (lordi) in più al mese in busta paga.  Un insulto al lavoro e alla dignità delle persone. Chi può biasimare un giovane neo-assunto se alla prima occasione fugge altrove? A chi attribuire la responsabilità se nei tribunali, nelle motorizzazioni, nelle prefetture o nei servizi ispettivi i posti messi a concorso restano vuoti? A chi ha il potere e non è capace di programmare.

La politica dovrebbe rendersi conto che oggi anche nel lavoro pubblico le persone, specie se qualificate, non si accontentano della retorica sul lavoro figo, ma cercano le opportunità migliori. Ma se nei ministeri si continua ogni anno a tagliare miliardi di euro (oltre 3 miliardi di riduzioni di spesa solo nell’ultima legge di bilancio) non si potrà mai sperare di incrementare il salario accessorio collegato alla produttività. E chi potrà se ne andrà da un’altra parte a guadagnare di più a parità di impegno e responsabilità.

Consigliamo ai sacerdoti della performance e della meritocrazia pianificate con direttiva ministeriale di uscire dai loro palazzi e scoprire la realtà. Così fece il Buddha e lasciò una traccia indelebile nella storia. Provateci anche voi.

Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione

Roma, 14 febbraio 2024