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Premessa

 

Il presente documento è rivolto ai territori e illustra le proposte lanciate dalla Uilpa durante la mobilitazione dei lavoratori per ricostruire la Pubblica Amministrazione.

Un estratto di questo documento sarà inviato al Ministro della Funzione Pubblica e contiene le proposte della Uilpa per realizzare una politica praticabile e adeguata alle difficili condizioni di tutti i comparti della Funzioni Centrali.

Dobbiamo partire da un breve resoconto storico per comprende perché oggi a rivendichiamo un aumento salariale che sia dignitoso e “restitutivo” di quanto le lavoratrici e i lavoratori hanno pagato negli anni per sostenere il nostro Paese.

Il blocco delle retribuzioni

 

L’art. 9 del d.l. n. 78/2010, al comma 1, impose che per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio […] non poteva superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell’anno 2010, fatta salva l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale.

Inoltre, il comma 17 dello stesso articolo aveva sancito il blocco “senza possibilità di recupero” della contrattazione prevedendo che per il personale pubblico non doveva aver luogo alcun rinnovo contrattuale nel triennio 2010- 2012.

Il d.l. 78/2010, confermò la linea già emersa in precedenti atti legislativi (Legge Finanziaria per il 2006, d.l. 112/2008 convertito nella l. n. 133 del 2008) che avevano ridotto le risorse utili in materia di trattamenti economici depotenziando la contrattazione integrativa.

Dunque, il d.l. 78/2010 fu costruito ad hoc per servirsi delle risorse delle lavoratrici e lavoratori evidentemente considerati dal legislatore quali lavoratori privilegiati e fortunati in quanto beneficiari di una pressoché assoluta garanzia del posto di lavoro. Tra gli interventi più incisivi volti al contenimento della spesa rientrò anche la previsione di cui al comma 2 del citato art. 9 in base alla quale, a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013, i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale superiori a 90.000 euro lordi annui furono ridotti del 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, e del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro. Inoltre, i trattamenti economici complessivi spettanti ai titolari di incarichi dirigenziali non potevano più essere stabiliti in misura superiore rispetto al contratto stipulato dal precedente titolare ovvero, in caso di rinnovo, dal medesimo titolare.

Quindi la spesa per personale delle funzioni centrali in conseguenza alla manovra sopra descritta che sempre secondo l’allora ministro avrebbe dovuto comportare minori spese per circa 6,5 miliardi di euro, contribuendo così a realizzare una sostanziale parità delle curve di crescita retributiva tra pubblico e privato, è passata da 13,687 mld di euro nel 2011 a 11,734 mld di euro nel 2020 con una riduzione del 14,3%.

Quindi, il primo grande taglio a danno delle lavoratrici e lavoratori pubblici è stato il blocco della rivalutazione della retribuzione individuale.

I limiti poi imposti si sono estesi ai fondi per la contrattazione integrativa imponendo quello che oggi appunto chiamiamo tetto sul salario accessorio, la cui eliminazione è necessaria per liberare le risorse della produttività e degli incarichi per la valorizzazione professionale.

Arriviamo poi alla firma del CCNL 2019/21.

Rispetto agli stanziamenti previsti dalle leggi di bilancio dei trienni riferibili ai due rinnovi contrattuali 16/18 e 19/21, la dotazione di partenza appostata dai vari governi è stata davvero “misera” e ha determinato per la nostra federazione e organizzazione la necessità di fare scelte e lotte al tavolo contrattuale per ottenere un’accelerazione della crescita salariale. Infatti, al netto delle risorse aggiuntive nel 2021, grazie alla nostra determinazione e alla mobilitazione dei lavoratori abbiamo ottenuto un + 4,07% e misure aggiuntive su riforma ordinamento e classificazione, come lo sblocco parziale dell’art. 23 D.lgs. 75/2017.

Oggi gli stipendi tabellari delle nuove Aree per 12 mensilità per le Funzioni Centrali hanno raggiunto valori più alti. Ma questo non basta, non ci basta perché abbiamo un nuovo contratto, già scaduto da rinnovare. (Tabellari base: Area dei funzionari € 23.501,93); Area degli assistenti € 19.351,97; Area degli operatori € 18.390,84).

La rateizzazione del T.F.R.

 

La finalità del contenimento della spesa pubblica ha continuato a essere il tema centrale da anteporre alla qualità dei servizi e ai diritti dei lavoratori del pubblico impiego, anche attraverso la misura introdotta dall’art. 12, comma 7 del già ricordato d.l. 78/2010, consistente nella rateizzazione della buonuscita. Il riconoscimento del trattamento di fine rapporto o di ogni indennità equipollente spettante a seguito della cessazione dall’impiego viene infatti effettuato in un’unica soluzione solo se il suo ammontare non è superiore ai 90.000 euro, in due tranche se è compreso tra i 90.000 e i 150.000 euro e in tre rate annuali se è superiore o uguale a 150.000 euro. Peraltro, ai sensi dell’art. 12, comma 10, con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2011, per i pubblici impiegati il computo dei trattamenti di fine servizio comunque denominati viene effettuato in base a quanto previsto dall’art. 2120 c.c. con applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento.

Un’appropriazione indebita. Un giudizio che ribadiamo ancora oggi, nonostante siano stati introdotti dei correttivi sulle somme e sui tempi di rateizzazione. Nel 2023 la Corte Costituzionale ha finalmente dato ragione ai lavoratori e oggi noi chiediamo al Governo di restituire ai dipendenti i 14 miliardi accantonati con il loro lavoro.

 

Rigidità e riduzione degli organici

 

La Manovra finanziaria dell’anno 2010 ha inciso sull’istituto della concessione – resa facoltativa dal d.l. 112/2008, art. 72 – del trattenimento in servizio dei dipendenti pubblici per il periodo massimo di un biennio oltre i limiti d’età: a decorrere dal 1° gennaio 2011, infatti, i prolungamenti del servizio sono stati disposti esclusivamente nell’ambito delle facoltà assunzionali previste dal legislatore vigente in base alle cessazioni del personale dell’anno precedente.

Ne è conseguita un’utilizzazione estremamente ridotta dell’istituto dei trattenimenti in servizio, dovendo questi essere considerati, «sul piano squisitamente finanziario, come nuove assunzioni».

A quest’ultimo proposito va evidenziato che sono state introdotte numerose disposizioni in materia di riduzione degli organici e limitazioni del reclutamento che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, hanno comportato nuovi e più drastici limiti per le assunzioni a tempo indeterminato. In particolare, in applicazione del principio del turn over, per il triennio 2011- 2013 fu concessa alle pubbliche amministrazioni la possibilità di procedere alle assunzioni solamente nel limite del 20% – successivamente innalzato al 40% – delle cessazioni dell’anno precedente.

Dal 2011 ad oggi le Funzioni Centrali hanno perso il 21,6% del personale, pari a 58.965 lavoratrici e lavoratori. E nel 2020 il comparto delle Funzioni Centrali ha registrato un calo del 6,9% degli occupati rispetto al 2019.

Al riguardo, non si può fare a meno di sottolineare come tutti i provvedimenti sopra ricordati abbiano provocato una grave distorsione del concetto di “privatizzazione” del rapporto di lavoro pubblico sancito dalle riforme introdotte negli anni ’90: riforme che puntavano a esaltare il ruolo della contrattazione collettiva nella regolazione dei diversi istituti che disciplinano il rapporto alle dipendenze del datore di lavoro pubblico. Forzando impropriamente il senso di tali riforme, il legislatore degli ultimi 15 anni ha di fatto puntato a trasfondere nel settore pubblico gli elementi di riduzione delle tutele e di gestione padronale e autoreferenziale delle condizioni di lavoro, tipici di certi settori poco sindacalizzati del lavoro privato.

Ed ecco che anche nelle Funzioni Centrali aumenta il ricorso a rapporti di lavoro a tempo determinato e della precarizzazione delle lavoratrici e lavoratori.

Oltre la metà dei dipendenti delle Funzioni Centrali andrà in pensione dal 2030, creando un vuoto di circa 120 mila lavoratori.

Per questo la UILPA chiede un piano straordinario di assunzioni stabili nella Pubblica Amministrazione.

Nelle Funzioni centrali, una delle maggiori criticità riguarda la presenza del personale amministrativo, ancora palesemente sottodimensionata rispetto alle previsioni delle piante organiche. Nonostante le assunzioni attuate con le recenti procedure di reclutamento destinate tramite decreti quasi tutte all’area dirigenziale, la scopertura della dotazione nei vari uffici non si è sostanzialmente ridotta rispetto a prima: la UILPA chiede 180mila assunzioni per risollevare le Funzioni Centrali.

 

Rinnovo del contratto

 

Purtroppo, nel DEF 2023 nulla è previsto per i contratti dei lavoratori pubblici per cui non si profilano prospettive positive con la legge di bilancio per il 2024. Le risorse attualmente stanziate, pur considerando i benefici del taglio del cuneo, sono largamente insufficienti ad assicurare il recupero della perdita del potere di acquisto delle retribuzioni.

Pertanto per la UILPA sono necessarie ulteriori risorse considerato che gli incrementi stipendiali di fatto non coprono il costo della vita, che non può essere arginato con l’attuale meccanismo delle indennità di vacanza contrattuale o, tanto meno, con elargizioni una-tantum, anche perché il contratto è già scaduto e intanto le retribuzioni dei dipendenti registrano una perdita del potere d’acquisto di oltre il 10%, provocata dalla dinamica inflattiva.

Occorre recuperare il potere di acquisto dei salari.

Chiediamo che le risorse economiche destinate al rinnovo dei contratti collettivi del settore pubblico siano tali da consentire di corrispondere per il triennio 2022-2024 incrementi sul tabellare che recuperino l’inflazione e vadano sopra l’attuale valore Ipca (indice dei prezzi al consumo armonizzato). Chiediamo di cancellare il tetto di spesa per il salario accessorio liberando, così, le risorse della produttività e degli incarichi per la valorizzazione professionale e di rifinanziare fino all’1% il nuovo sistema di inquadramento, per fare in modo che le componenti di maggiorazione stipendiale derivanti dai differenziali economici per le progressioni di carriera e gli incarichi per le elevate professionalità possano essere uno strumento aggiuntivo alla riqualificazione di tutto il personale attraverso una corretta ricollocazione normo economica, secondo quanto definito dal contratto 2019-2021.

È necessaria una crescita della retribuzione per tutti i lavoratori e le lavoratrici degli organi dello Stato e dei Ministeri, delle Agenzie che rappresentano circa il 7.4% di tutti i dipendenti pubblici, con un investimento da  noi  stimato  di  605.4  milioni,  che  coinvolgerebbe  una  platea  di 225.000 persone.

Detassazione aumenti contrattuali

 

Per la UILPA detassare gli aumenti retributivi frutto dei rinnovi contrattuali è una misura di equità sociale per sostenere in modo concreto le retribuzioni dei lavoratori, il cui potere d’acquisto è eroso dall’inflazione crescente.

La detassazione di un aumento medio nel caso delle Funzioni Centrali porterebbe a un aumento della retribuzione di fatto, ad esempio, di un lavoratore dell’area operatori da 1532,5 a circa 1600 euro, che comunque è inferiore a quanto avviene nel privato se pensiamo che nella contrattazione di secondo livello per i privati l’aliquota dell’imposta sostitutiva sul salario di produttività è passata dal 10 al 5%. Per questo riteniamo non più procrastinabile detassare gli aumenti del nostro comparto.